Qual è il problema di Pietro? La sua difficoltà è quella di non riuscire ad adeguarsi all’atteggiamento del Messia, servo sofferente. Egli si trova spiazzato dinanzi all’agire di Gesù! Si scopre fragile, debole: lui che è conosciuto come il forte, l’uomo risoluto, coraggioso, capace di prendere decisioni, di assumersi responsabilità, si scontra con l’amara esperienza di non poter confidare nella propria forza e coraggio. Da un lato c’è un autentico attaccamento a Gesù, la sua amicizia è forte, come è sincero il desiderio di stare con lui, dall’altro deve fare i conti con le sue paure.
Queste componenti emergono nell’esperienza del rinnegamento, riportata dai quattro Vangeli. Mentre Gesù è interrogato dal sinedrio, Pietro lo segue da lontano, poi entra nel cortile, si scalda al fuoco insieme ad altri servi; qui una serva lo riconosce come uno dei seguaci di Gesù ma, per tre volte egli nega: “Non conosco quest’uomo”. E subito per la seconda volta un gallo cantò… Pietro si ricordò della parola detta da Gesù: “Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai”. E scoppiò in pianto. Nonostante le promesse di fedeltà, Pietro rinnega l’amico che in quel momento è abbandonato, rifiutato, condannato. Nel momento in cui consapevolizza questo, scoppia in un pianto irrefrenabile: prevale la vergogna, la rabbia contro sé stesso, l’esperienza della miseria e del fallimento. Quella bugia: “Non conosco quell’uomo” in realtà è una verità: Pietro non aveva ancora conosciuto Gesù e cosa significasse stare dietro a lui, essere suo discepolo. In quel pianto di pentimento che sgorga dal profondo di sé, c’è il segno di una sorgente che inizia a sgorgare: lì nasce l’apostolo. Così Pietro esce dalla scena della Passione; lo incontreremo faccia a faccia con il Risorto…