«Ognuno per la sua via», dice il Concilio. […] Quello che conta è che ciascun credente discerna la propria strada e faccia emergere il meglio di sé, quanto di così personale Dio ha posto in lui (cfr 1 Cor 12,7) e non che si esaurisca cercando di imitare qualcosa che non è stato pensato per lui. Tutti siamo chiamati ad essere testimoni, però esistono molte forme esistenziali di testimonianza. […] Perché la vita divina si comunica ad alcuni in un modo e ad altri in un altro.
(Papa Francesco, GE 11)
Angelica Tiraboschi nasce a Treviglio, in provincia di Bergamo, il 22 novembre 1995.
È una ragazza normale, con pregi e difetti, che ama correre in bicicletta, uscire con le amiche, contemplare la bellezza della natura, leggere, scrivere, guardare la televisione e ascoltare la musica. Come tutte le sue coetanee, litiga con le compagne, piange per un insuccesso, disobbedisce ai genitori, eppure non si dà per vinta: vuole migliorare se stessa e il suo carattere, punta alla qualità alta della vita.
Ovunque Angelica è circondata da amicizie che coltiva con cura. Desidera vivere appieno ogni legame che costruisce volta per volta con una persona, per questo decide di non utilizzare i social per comunicare o per stringere amicizie, perché preferisce il contatto diretto. Diventa il punto di riferimento di molti suoi coetanei, ai quali insegna a vivere il presente, a valorizzare la propria vita e a non dare nulla per scontato: “È troppo breve il tempo che abbiamo e non vale la pena sprecarlo in cose tristi e inutili. Ogni vita è importante non per quanto dura, ma per l’intensità del suo passaggio”.
Angelica è anche una ragazza di grande fede. Vive con gioia il suo rapporto con Dio attraverso la preghiera, la partecipazione alla messa domenicale e ai sacramenti, e l’appartenenza al gruppo Shalom del Rinnovamento nello Spirito Santo. Anche a scuola, attraverso i suoi atteggiamenti, trasmette ai suoi compagni il suo amore per Gesù.
Si sente immensamente amata da Dio, per cui la sua fiducia in lui non viene mai meno. Questo cambia tutta la prospettiva del suo vivere quotidiano: non pensa più solo a se stessa, ma si fa dono per gli altri. È sempre pronta ad aiutare, senza mai pretendere nulla in cambio, con quel suo sorriso luminoso.
Angelica ha una grande voglia di vivere: vuole studiare, innamorarsi, progettare il futuro. Spesso ripete: “Non dobbiamo dare anni alla vita, ma vita agli anni”. Adora i bambini e non perde occasione per dare anche ai più piccoli una testimonianza di vita autentica con lo scopo di far loro conoscere Gesù.
Nell’estate del 2014, nonostante la preparazione degli esami di maturità, Angelica sceglie di fare l’animatrice all’oratorio estivo di Canonica d’Adda. È qui che fa il suo incontro con la malattia. Un giorno, un bambino le corre incontro per abbracciarla e subito Angelica sente una fitta al seno destro. Nei giorni successivi il dolore persiste e, così, si sottopone a diversi esami che rilevano la presenza di un tumore.
Angelica non capisce il senso di tutto questo, ma lo accoglie e lo accetta con speranza, senza domande né rivendicazioni, rimanendo serena e fiduciosa perché il Signore non fa mai mancare la sua forza. La potenza della vita e dell’amore sono superiori alle preoccupazioni del momento e, così, si lascia stravolgere i piani della sua vita, nella certezza che il Padre dà solo cose buone ai suoi figli.
Solo poche persone vengono a conoscenza della malattia di Angelica; è lei stessa a volerlo, perché non ama compatirsi: non vuole che gli altri soffrano e si preoccupino per lei. Questa scelta le permette di vivere la malattia con più serenità.
Da agosto a novembre Angelica si sottopone a diversi cicli di chemioterapia presso l’Istituto Europeo Oncologico di Milano, al termine dei quali, gli esami mostrano il totale assorbimento del tumore. A gennaio, però, il tumore ritorna. Angelica non si arrende: continua a camminare con Gesù, fidandosi completamente di lui e intravedendo in ciò che sta vivendo un progetto d’amore del Padre. Spesso ripete: “Si può superare tutto, se ci si arma di sorriso”. La sofferenza non riesce a smorzare la carica di amore e di vita presente nel suo animo. In una sua lettera scrive: “Non possiamo cambiare la direzione del vento, ma possiamo sistemare le vele in modo tale da raggiungere la nostra destinazione in Cristo Gesù nostro Signore”.
Angelica si confida spesso con suo padre. Nei primi tempi, quando il tumore sembra curabile, lo consola dicendo: “Papà, è la volontà di Cristo, non preoccuparti: la croce la porto io. Ma quando sono stanca, te la do per un po’. E poi la riprendo”.
In un biglietto indirizzato a lui nel giorno del suo compleanno, scrive: “[…] Penso che ogni uomo, almeno una volta nella vita, si trova ad affrontare questo incontro con la morte, sia essa reale o figurata, e ognuno è libero di decidere se scappare o affidarsi a colui che tutto può e dà forza! Dopo un po’, si impara e si incomincia ad accettare le sconfitte, a testa alta e gli occhi aperti, con la grazia che viene da Dio. Si iniziano a costruire le strade di oggi perché il terreno di domani è troppo incerto per fare piani e ci si abbandona a lui, quel Padre che ti incoraggia dicendoti che sei prezioso ai suoi occhi. Domando così al Signore di darmi la forza per portare la croce. Amen”.
Nel mese di luglio 2015 tutto sembra rientrare nella norma, ma dopo metà agosto il male torna a manifestarsi. Angelica, da alcuni giorni, si sente poco bene; insieme al papà, giovedì 27 agosto, si reca perciò all’ospedale per eseguire una TAC alla testa che rileva una metastasi alle meningi. In un attimo, a entrambi crolla il mondo addosso. Angelica è presa dallo sconforto, è confusa, prova dolore, angustia e tristezza, piange per la disperazione ma, allo stesso tempo, fa esperienza della tenera mano di Dio che la consola, e per questo è felice.
La sera seguente, il gruppo Shalom del Rinnovamento dello Spirito Santo di cui Angelica fa parte, si ritrova per l’adorazione eucaristica mensile. La liturgia di quel giorno offre il brano di Vangelo delle dieci vergini: «A mezzanotte un grido: ecco lo sposo! Andategli incontro!» (cfr. Mt 25, 1-13). Questa parola echeggia come “profezia” di un avvenimento che si sta compiendo.
Così il padre di Angelica racconta gli ultimi istanti di vita della figlia: “Il giorno della morte, sabato 29 agosto 2015, mi trovavo a Bergamo, all’Inps, per firmare le carte del congedo parentale di un anno per poter assistere Angelica. Impugno la penna, abbozzo la mia firma e in quell’attimo un fremito percorre tutto il mio corpo. Squilla il telefono. È il numero dell’ospedale. Mi si congela il sangue nelle vene. Mi dicono: «Corra subito perché stiamo perdendo sua figlia». […] Vado a casa a prendere mia moglie e poi, subito all’ospedale. Arriviamo, esco dalla macchina e corro con tutte le mie forze verso mia figlia. […] Apro la porta. Il mio tesoro è lì, nel letto, con le braccia aperte e i palmi delle mani rivolti all’insù. La corona del rosario accanto a lei. […] Angelica è volata in cielo proprio come aveva detto: senza disturbare nessuno. Qualche tempo prima mi aveva detto: «Non mi vedrai morire, lo farò in modo delicato». E così è stato”.
Angelica muore a 19 anni, così come ha vissuto: con dolcezza e coraggio, in punta di piedi, con la lampada sempre accesa in attesa dello sposo. Non si è mai rassegnata. Solo quando ha compreso che Gesù voleva così, non ha protestato, ma ha risposto: “Lo voglio anch’io”.
In uno dei suoi ultimi scritti, Angelica ci lascia queste parole: “[…] Perché non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo, ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima di averlo, perché non bisogna cercare le apparenze, possono ingannare; cerca qualcuno che ti faccia sorridere perché ci vuole solo un sorriso per far brillare una giornataccia… cerca ciò che ti fa sorridere e abbracciare l’anima. […] Cogli ogni opportunità che la vita ti dà, perché se te la lasci sfuggire, ci vorrà molto tempo prima che si ripresenti. In questo mondo, nulla accade per caso… tutto è un disegno di Dio, quindi un bel giorno tutto avrà un senso. […] Dio dà all’uomo la libertà di essere artefice del proprio destino: ognuno di noi può commettere sempre lo stesso errore, può fuggire da ciò che non vuole, oppure abbandonarsi a Gesù Cristo nostro Signore e lottare per i propri sogni, accettando il fatto che non si presentano sempre nel momento giusto e che un giorno ci si ritroverà a dover portare con coraggio la propria croce. […] E, per chi crede, non serve un miracolo… il vero miracolo è continuare ad amare la vita nonostante le sofferenze, perché è sempre l’amore la chiave di ogni risurrezione!!! Solo allora capirai quanto è importante dire grazie a Dio per averti donato la vita, così come lui vuole, in ogni modo, circostanza, forma ed espressione”.
(dal libro Angelica Tiraboschi. Vivere a colori)
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Guarda la testimonianza del padre di Angelica.
Ascolta l’inno ufficiale per Angelica Tiraboschi “IL VISO. Dove nasce l’universo”.