In ultimo vi ho da parlare della carità scambievole
Il quarto dovere che madre Chiara indica alle sue figlie (e che vedremo essere il penultimo e non l’ultimo) è la carità scambievole.
Madre Chiara non si dilunga in molte parole riguardo a questo punto che è forse il più sintetico di tutta la lettera circolare, ma non per questo meno importante. Lei stessa lo specifica dicendo che la carità è la maggiore, la principale, la regina di tutte le virtù.
E come sempre va dritta al punto:
Niente vale l’abito che portiamo, niente l’orazione, niente la meditazione, niente i digiuni, la povertà, la castità ecc. se non abbiamo la carità fraterna.
L’analogia con l’inno alla carità di san Paolo, contenuto nella prima lettera ai Corinzi, inizialmente ci può far passare velocemente su queste parole come se esse fossero una semplice declinazione di quel brano biblico, un avvertimento scontato. Ma rileggendole salta agli occhi tutto il loro peso. Madre Chiara sta dicendo alle sue figlie che, se non sono nutrono la loro vita di carità, questa non vale nulla. Non vale nulla avere deciso di consacrarsi (l’abito che portiamo), non vale nulla tutto ciò che scandisce la loro quotidianità (l’orazione, la meditazione, i digiuni), non valgono nulla nemmeno i voti (la povertà, la castità).
Per le suore, così come per noi, il rischio è quello di dare tutto per scontato, sia le cose belle che quelle brutte. Imporsi una certa routine quotidiana (dettata da necessità come il lavoro e lo studio) e cercare di fare le cose senza preoccuparsi troppo del come le facciamo, con quale spirito e soprattutto con quale attenzione nei confronti delle persone che ci circondano (colleghi, familiari, amici).
Per questo è importante, credo, l’aggettivo che madre Chiara affianca a carità: scambievole. Un aggettivo relazionale perché è nelle relazioni che si esprime la carità.
E infatti, i consigli che seguono e che indicano la strada per vivere la carità fanno tutti riferimento alle relazioni.
In che cosa consiste questa carità? Nell’amarsi l’una con l’altra, nel compatirsi, nell’aiutarsi, nel pazientarsi, nel soffrirsi, e nello scusare la sorella quando mancò. Consiste nell’astenersi dalla mormorazione, e dal dir male l’una dell’altra, correggere modestamente, benignamente, prudentemente quelle che mancano. Consiste nel volervi bene, desiderarvi del bene, e pensare sempre bene delle vostre sorelle.
Queste righe fanno trasparire tutto la dolcezza materna di una madre che sa quanto le relazioni possano essere difficili e quanto il nostro cuore tenda a spazientirsi soprattutto con chi ci è più vicino, con le persone con cui passiamo più tempo. E come una madre indica i piccoli passi possibili perché le relazioni siano nutrite dall’amore e la nostra vita sia piena.
E noi? Come la viviamo la nostra vita? Come viviamo le relazioni?