Mie amate figlie, con i ginocchi piegati a terra, col Crocifisso in mano, con le lacrime agli occhi vi prego a tenere a memoria questi cinque doveri ed insieme ricordi che io vi do per adempirli, che sono: 1° Obbedienza, 2° Povertà, 3° Buon esempio, 4° Carità, 5° Distacco da tutto. Da noi vogliono e aspettano cose grandi, Dio dal cielo, il nostro S. P. Francesco dal Paradiso, i Vescovi dal trono, i Superiori nostri dall’Ordine, le famiglie, le popolazioni, tutti attendono.
Siamo giunti alla conclusione della lettera circolare. Dopo aver affidato e spiegato alle sue figlie i cinque doveri che abbiamo percorso insieme, madre Chiara giunge alla chiusura della sua lettera. A prima vista potrebbe sembrare una semplice sintesi di quanto detto prima, ma non è così: in queste brevi righe la prospettiva si apre e appare con semplicità e profondità il suo amore non solo di madre, ma anche di figlia.
È un passaggio forse non scontato: i doveri già non bastano? Dopotutto Obbedienza, Povertà, Buon esempio, Carità e Distacco dal mondo ci sembrano già più che sufficienti per una vita santa. Eppure, manca l’ultimo passo. Fondamentale. Dopo aver guidato le sue figlie indicando loro gli strumenti per vivere pienamente la loro vocazione, madre Chiara le consegna alla Chiesa e nella Chiesa. Subito infatti, dopo aver ripercorso i doveri che ha loro affidato, ricorda alle suore che questi si declinano nella loro relazione con Dio, con i santi, con i ministri e con i laici: in estrema sintesi, con la Chiesa celeste e terrena.
Voi siete, sorelle mie, le prime pietre di questo novello Istituto di Terziarie Francescane Angeline. Ringraziamo tutte il Signore che in così poco tempo si degnò farlo crescere e dilatare anche fuori Diocesi.
Madre Chiara è contenta che il giovane istituto delle suore francescane Angeline sia cresciuto in poco tempo anche fuori dalla diocesi in cui è nato. Ma quello che la guida non è l’orgoglio: nella crescita e nel fiorire ella vede una conferma della bontà di questa nuova proposta di vita, il sigillo della volontà di Dio. Come san Francesco. Anche lui aveva chiesto al Papa di approvare la sua scelta di vita perché voleva essere nella Chiesa, desiderava che essa, come una madre, confermasse la sua interpretazione della volontà di Dio e lo abbracciasse come un figlio.
Ed è nell’essere Chiesa che la prospettiva si spalanca: da noi tutti attendono. Non è un peso, ma un trampolino di lancio. Solide degli strumenti che la madre ha donato loro, le suore possono vivere a pieno nella Chiesa, vivendo e sperimentando la bellezza di essere figlie (nella relazione con i superiori) e al tempo stesso madri (con coloro che sono loro affidati).
Tutte poi non dimenticate mai di pregare per il Romano Pontefice, Vicario di Gesù Cristo, per il nostro Vescovo, per i Protettori dell’Ordine, per il nostro Padre Generale, per il Direttore e Confessore e per me vostra indegnissima madre viva o morta ch’io sia. Vi prego in ultimo di fare una Comunione secondo la mia intenzione, e a tutte prego la benedizione del cielo.
Eccoci alla chiusura della lettera, una chiusura che ci può sembrare, questa sì, scontata, con un gusto di altri tempi. Ma madre Chiara non è mai scontata. Nella preghiera per la Chiesa e nell’affidare la preghiera per lei nella Chiesa, rinforza e conferma quanto abbiamo appena visto e ci mostra il suo volto non solo di madre, ma anche di figlia che riconosce la maternità della Chiesa e a lei si affida fiduciosa.