Il mese scorso abbiamo letto insieme la prima parte dell’autobiografia di madre Chiara nella quale ella narra la sua infanzia e la sua giovinezza e abbiamo visto come, dopo le seconde nozze del padre, Caterina (che era il nome di madre Chiara) si vide costretta a rimanere in casa per aiutare nella gestione della famiglia. Di quegli anni faticosi sappiamo poco, ma possiamo essere certi che era forte in lei la domanda riguardo alla sua vocazione.
In questo tempo pregai molto il Signore perché mi facesse decidere nello stato che dovevo abbracciare giacché il mondo non mancava di lusingarmi perché non lo abbandonassi.
Vediamo in questa frase tutta la fatica del discernimento. Caterina era una giovane donna, appartenente a una ricca famiglia della città e ben inserita nella vita sociale: nel suo modo discreto di dire che il mondo la lusingava possiamo immaginare anche le attenzioni di altri giovani della sua età. Ma per lei “sistemarsi” non è solo una questione sociale o di autonomia dalla famiglia di origine: per lei è chiaro che la scelta che è chiamata a fare è una scelta in cui si gioca tutta la sua vita e il suo rapporto con Dio.
All’età di 28 anni ha l’occasione di seguire gli esercizi spirituali tenuti nella parrocchia di Sant’Andrea da un francescano, padre Basilio da Neirone. Ascoltando la sua predicazione, Caterina sente nascere forte in lei non solo il desiderio di consacrarsi, ma anche di seguire il carisma francescano. Decide dunque di confidarsi con padre Basilio che la indirizza verso le Terziarie Francescane di Nostra Signora del Monte di Genova.
Questa non è una decisione scontata: ai tempi le ragazze benestanti che decidevano di consacrarsi erano indirizzate verso ordini religiosi e istituti che potessero loro garantire una condizione adeguata al loro stato sociale di origine. Ma questo a Caterina non importa.
Amavo di essere povera per amor di Dio e, se mi avessero mandato, di andare anche volentieri alla questua.
Saranno in molti a cercare di convincerla a cambiare la sua scelta verso un istituto più adeguato: nella sua autobiografia madre Chiara cita il suo confessore, altri religiosi (probabilmente amici di famiglia), suo padre e suo fratello maggiore Agostino. Ma lei è irremovibile, certa del desiderio che sente nel cuore e alla fine riesce ad avere la meglio.
Il 19 marzo 1862, accompagnata da suo padre e da uno zio canonico, va a Genova per entrare nelle Terziarie Francescane del Monte.
Il convento si trovava in cima a una salita abbastanza ripida e faticosa ed è proprio qui che madre Chiara viene chiamata a confermare per l’ultima volta la sua scelta. Lo narra lei stessa, con ironia, nella sua autobiografia:
Ricordo che per istrada nel borgo di S. Fruttuoso incontrai due suore appunto di quelle che dovevano essere le mie sorelle e al vederle così macilente con un abito così meschino e rozzo mi sentii tentata di dire a mio padre che non volevo più andare a farmi monaca, ma tosto sentii una voce che parlandomi al cuore mi diceva che era quella una tentazione del Demonio per guadagnarmi al secolo; mi feci animo e non diedi alcun segno di quella impressione avuta nel veder le suore. Giunta finalmente alla porta del Conservatorio sebbene il cuore mi battesse pure mi sentii più calma e il Demonio forse era rimasto confuso in fondo alla salita.
Madre Chiara ricorda anche come la sera stessa il refettorio e il povero cibo le fecero effetto, ma tutto rimase nel sonno e al mattino mi sentii contenta di trovarmi in quel povero e santo luogo.
La scelta della povertà francescana è quindi una scelta consapevole che pone un forte stacco rispetto alla sua vita precedente nella quale gli agi e la ricchezza non le mancarono di certo. Colpisce quindi la sincerità e la sicurezza con cui madre Chiara decise di abbracciare questa scelta ed è forse proprio grazie a questa consapevolezza che ella farà di tutto per non venirne meno.
I mesi di postulato passano veloci: Caterina ha ormai 29 anni ed è una donna matura e intelligente in cui è chiaro e autentico il desiderio di consacrazione. Dopo soli 3 mesi le viene quindi proposto di entrare in noviziato e il 21 giugno 1863, festa di san Luigi, indossa l’abito francescano.
La sua autobiografia termina qui, nel ricordo gioioso del suo anno di noviziato:
Incominciai il mio noviziato, caro e benedetto anno! Non ne passai mai più uno eguale; le monache mi volevano bene.