Durante la notte di tutte le notti, che è la Santa Notte di Pasqua, la tradizione ebraica è volta al ricordo dell’alleanza che Dio stringe col popolo d’Israele ripercorrendo le meraviglie della storia della salvezza di questo popolo tanto amato da Dio, e il tutto viene accompagnato dalle note di un canto che instancabilmente, dopo ogni prodezza divina riportata alla memoria, ripete “Dayenu, Dayenu, Adonai” ossia “Ci sarebbe bastato Signore”. È stato proprio con questo canto che siamo stati accolti ad Assisi presso la casa “Laudato sii” dalle Suore Francescane Angeline il Giovedì Santo, e sono state queste parole che mi hanno accompagnato lungo tutto il triduo di quest’anno, parole che in realtà mi risuonavano spesso in mente come un interrogativo: ci sarebbe (davvero) bastato?
Sono stati giorni intensi di preghiera e fraternità quelli trascorsi insieme ad altri giovani in preparazione alla Santa Pasqua, scanditi da vari momenti tra cui quelli dedicati a incontri più esistenziali, in cui ci sono stati offerti spunti di riflessione per permetterci di vivere da protagonisti questa grandiosa solennità cristiana, altri in cui abbiamo ricevuto una preziosa formazione liturgica in vista delle celebrazioni che avremmo vissuto presso i principali santuari francescani di Assisi, e altri incentrati sulla preghiera personale.
Il Giovedì Santo è stato per noi la porta d’accesso al triduo e, riflettendo sul significato del servizio e dell’unzione, ci ha introdotti al mistero dei giorni a seguire.
Il Venerdì Santo è stato a tutti gli effetti un giorno di preparazione: col corpo abbiamo fatto esperienza del digiuno e con lo spirito abbiamo meditato il grande mistero della croce, di fronte al quale non ci sono parole e che si può vivere solo sull’esempio di Maria e di Giovanni, il discepolo amato, che ci suggeriscono cosa fare davanti la croce: semplicemente esserci; con tutto l’amore possibile, essere presenza certa che, fermandosi sotto questo peso apparentemente privo di senso, sa starci con quella fiducia che è solo cristiana e che spinge a credere con tutte le forze che non è la fine. Dinnanzi al mistero della croce l’unica possibilità che ha l’uomo di restare saldo è quella di gettarsi totalmente nelle mani del Padre Creatore per essere ricolmato della speranza che solo da Lui, Signore della vita, può derivare e che ne preannuncia la vittoria.
Il Sabato Santo è stato vissuto nella dimensione del silenzio. È infatti il giorno in cui tutto tace, l’unico giorno dell’anno in cui tutte le chiese del mondo rimangono prive di Gesù Eucarestia e in cui tutta la Chiesa universale si ferma e sospende ogni celebrazione: il Signore è morto. È il giorno in cui potrebbe prevalere il senso di sgomento e la tentazione di darsi definitivamente per vinti. Eppure il credo cristiano ci fa contemplare la discesa agli inferi di Gesù. In questo modo, se da una parte si dà ragione dei sentimenti che la Terra prova in quel giorno, perché in effetti sperimenta l’assenza dell’Amore, dall’altra ci riporta a un’intensa preghiera al fine di sostenere quel Signore che per amore nostro è in battaglia contro le forze oscure proprio nella loro dimora, per riscattarci per sempre. E l’esito di questa lotta abbiamo iniziato a pregustarlo nella notte di quello stesso giorno quando, nel buio della basilica di Santa Maria degli Angeli, i nostri occhi hanno visto la luce prevalere sulle tenebre e le nostre orecchie hanno sentito l’annuncio che proclamava quello che il cuore sapeva già: “Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro”.
È stata la gioia di questo annuncio a dare risposta a quell’interrogativo iniziale che aveva inaugurato questi giorni: l’uscita dall’Egitto, la manna, la Legge, la Terra Promessa, tutte queste cose non ci sarebbero mai bastate Signore, perché solo tu, Adonai vivo e ancora e in mezzo a noi, solo tu basterai.
GG
Ecco qualche foto del Triduo Pasquale vissuto ad Assisi: