Ti è mai capitato di non dare peso alle parole di una canzone? Di canticchiarla senza capirne il senso, senza nemmeno farti troppe domande sul significato? Be’, a me sì, e la canzone in questione è Gigante, di Piero Pelù. Ma, riascoltandola qualche settimana fa, sono stata attirata dalle prime parole: “Spingi forte, spingi forte, salta fuori da quel buio”, parole rivolte ad un bambino che si affaccia alla vita (nello specifico il cantante parla ai nipotini…). E se le sentissimo rivolte a noi all’inizio di un nuovo anno? A noi, chiamati a saltare fuori dal buio che forse ci ha attanagliati nel 2020, per entrare con forza in questo 2021, anno nuovo che in un qualche modo mi invita: “Spingi forte, salta fuori!” detto in altre parole: “Vieni alla luce, vieni alla vita, vivi, diventa il gigante che sei!” (puoi ascoltare la canzone qui).
Parole che arrivano con il sapore di una promessa: “Tu sei molto di più di quello che credi, di quello che vedi…gigante!”; parole che dicono qualcosa della grandezza alla quale tu sei chiamato: a diventare gigante, a diventare pienamente uomo e pienamente donna…
Dunque, c’è una promessa che abita la tua vita, una promessa rivolta a te, che è solo per te e che è custodita nella tua vita!
Ritornando sempre alla scena del bambino che sta nascendo, immaginandola è apparso un altro elemento: il nome. Generalmente il nome viene scelto prima che il bambino nasca, non si improvvisa, viene preparato da mamma e papà e appena il bambino viene alla luce ecco che agli occhi dei genitori quel nome si riempie di vita, di carne e ossa, assume un corpo, toccabile, visibile, odorabile (oltre che adorabile!), ascoltabile nel pianto (che Pelù chiama il “primo canto”). Finalmente quel nome è diventato realtà! Il nome! Quanta importanza tu dai al tuo nome? Con quale attenzione pronunci il tuo nome, quando ti presenti? È solo qualcosa di funzionale, perché tu ti possa voltare quando ti chiamano? Serve solo per dare agli altri la possibilità di indicarti?
Riprendendo alcune parole di Omero Romeo, protagonista dell’ultimo romanzo di A. D’Avenia[1], possiamo affermare che:
- Il nome identifica “ciò che non si è mai dato nella storia e mai più si darà nel suo corso”: il nome dato a te, anche se portato da altri, identifica te e non altri: dice chi sei tu, meglio: chi sei chiamato a diventare tu e soltanto tu! Non altri prima di te, non altri dopo di te.
- “Il nome ha bisogno di essere pronunciato da qualcuno”: non sei tu che te lo sei dato: qualcuno ha deciso di chiamarti con quel tuo nome, qualcuno ha pronunciato il tuo nome.
- “Al nostro nome noi rispondiamo: presente!”: rispondere al tuo nome spetta solo a te e non puoi rispondere per finta, per abitudine, perché “non si è vivi per abitudine, ma per inquietudine”.
- Ecco la quarta sottolineatura, sottoforma di domanda-provocazione: tu sei vivo e vivi per abitudine? O c’è un’inquietudine che abita e muove la tua vita? Quale?
Vedi quanto c’è dietro il tuo nome? O meglio, dentro il tuo nome? C’è vita che ti è data e che chiede continuamente di venire alla luce, di esprimersi in pienezza, in tutta la sua bellezza; c’è la possibilità di relazione con chi ti ha chiamato alla vita. Vita e nome: entrambi non te li sei dati tu, ma li hai ricevuti!
E la sfida qual è? Non ridurre il tuo nome, che è nome proprio, non ridurlo a nome comune, perché questo significherebbe smettere di vivere, significherebbe, come amava ripetere Carlo Acutis, vivere e morire fotocopie, e non originali.
Ti facciamo una proposta per questo 2021: mettersi in ascolto di alcuni testi biblici per entrare sempre di più nel tuo nome, quello scelto per te dai tuoi genitori, ma ancora prima pronunciato da Dio nell’atto creativo. Sì, perché Dio crea chiamando per nome. Da lì noi veniamo: dal pensiero di Dio, dal suo cuore di Padre che porta tatuato nelle sue mani il nostro nome (Cfr. Isaia 49,16), e che ce lo affida come una promessa da realizzare.
Ci stai? Ecco, allora il primo brano: il Capitolo 1 di Genesi, dove si ripete il ritornello “Dio disse”.
Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita.
Papa Francesco, Gaudete et Exsultate, n.24
Puoi leggere qui di seguito il testo di Genesi 1:
1 In principio Dio creò il cielo e la terra. 2 La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
3 Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. 4 Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre 5 e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.
6 Dio disse: «Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque». 7 Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che son sopra il firmamento. E così avvenne. 8 Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.
9 Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto». E così avvenne. 10 Dio chiamò l’asciutto terra e la massa delle acque mare. E Dio vide che era cosa buona. 11 E Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie». E così avvenne: 12 la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. 13 E fu sera e fu mattina: terzo giorno.
14 Dio disse: «Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni 15 e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne: 16 Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. 17 Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra 18 e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. 19 E fu sera e fu mattina: quarto giorno.
20 Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». 21 Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. 22 Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». 23 E fu sera e fu mattina: quinto giorno.
24 Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie». E così avvenne: 25 Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. 26 E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».
27 Dio creò l’uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò.
28 Dio li benedisse e disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra;
soggiogatela e dominate
sui pesci del mare
e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente,
che striscia sulla terra».
29 Poi Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. 30 A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. 31 Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.
[1] A. D’Avenia, L’Appello, Ed. Mondadori, 2020, p.36.