I mesi di settembre e ottobre sono particolarmente legati alla memoria della fondatrice delle suore francescane angeline: è in questo periodo che si svolgono le giornate di spiritualità durante le quali viene fatta memoria del transito al cielo di madre Chiara. Ella morì infatti il 1° ottobre 1900, a Castelspina. Prendendo spunto da questa ricorrenza, vogliamo oggi leggere insieme il necrologio che venne pubblicato in sua memoria su un giornale di Alessandria il 20 ottobre 1900.
Oggi siamo abituati a necrologi brevi e concisi, il cui scopo è dare semplice notizia della morte di una persona. Colpisce, pertanto, innanzitutto la lunghezza del testo che si rivela essere quasi una breve biografia di Chiara Ricci e che non tralascia nessuna delle tappe fondamentali della vita della fondatrice.
Una dolorosa irreparabile perdita fecero le Suore Angeline di S. Francesco di Castelspina il giorno primo di ottobre. La loro Superiora Suor Chiara Ricci lasciava questa terra di esilio per unirsi al suo sposo Gesù. Fu essa religiosa umile, mite, caritatevole, pia. Nata a Savona l’anno 1833 da pii e ricchi genitori venne educata nel Santo timor di Dio.
È questo l’inizio del necrologio. Dopo l’annuncio della morte, chi scrive informa il lettore riguardo alla nascita di madre Chiara e alla sua famiglia. Una famiglia benestante, come abbiamo avuto modo di vedere anche leggendo l’autobiografia, ma molto pia, nella quale i figli vennero educati alla fede. Segue quindi un ritratto profondo del carattere di Chiara Ricci.
Era affabile, ma senza leggerezza, grave, ma senza alterigia, gioviale, ma senza dissipamento, modesta, ma senza caricature, fervorosa, ma senza fanatismo, delicata di coscienza ma senza scrupoli.
Queste caratteristiche trovano conferma sia nei suoi scritti (la lettera circolare e l’autobiografia), sia nelle memorie a noi tramandate che la riguardano e la descrivono. Madre Chiara doveva essere una persona molto saggia sia nelle azioni che nelle decisioni, capace di discernere e sempre attenta alle persone che incontrava e desiderosa del bene per la loro vita.
Il necrologio continua narrando la sua decisione di consacrarsi a Dio e fa cenno alle difficoltà che ella dovette affrontare prima di poter entrare in convento. Tuttavia, come ha modo di dire anche lei stessa nella sua autobiografia, la sua vocazione le era chiara e tale consapevolezza le dette la forza e la serenità per portare avanti la sua scelta. Una volta entrata nelle Terziarie del Monte di Genova si fece apprezzare per il suo carattere e per la sua intelligenza.
Durante il suo noviziato in Genova si fe’ ammirare per la sua obbedienza, osservanza delle regole, belle maniere e prudenza, per bontà di cuore, santità di costumi e dotata di non comune intelligenza e profonde cognizioni appena ebbe fatta la sua professione le vennero nella sua Congregazione affidati difficili e delicati uffici quali disimpegnò con soddisfazione dei suoi superiori e delle Consorelle.
Il testo passa poi a narrare della presenza di madre Chiara Ricci in provincia di Alessandria e nello specifico della sua attività di educatrice e direttrice di diversi istituti fino all’arrivo a Castelspina e alla costruzione della casa madre delle suore francescane angeline.
In pochi anni mandò le sue Consorelle in ben due città e in ben novi paesi alla Direzione, vuoi di asili infantili, vuoi di orfanatrofi, vuoi di scuole di lavoro, vuoi alla cura degli infermi negli ospedali e a domicilio. Il Signore benedisse le sue fatiche.
Oltre al veloce sviluppo della nuova famiglia da lei fondata, colpisce sicuramente la varietà e la ricchezza di servizi che le sue figlie svolgevano nei diversi luoghi in cui furono chiamate e fondarono comunità. Traspare attraverso questo elenco l’attenzione della fondatrice per la vita e per tutte quelle situazioni in cui essa ha più bisogno di cure come, per esempio, l’infanzia e le situazioni di malattia.
Ma la vita di madre Chiara, nei suoi ultimi anni, fu segnata anche dal dolore e dalla sofferenza dettati da alcune divisioni che sorsero nella sua stessa famiglia e che la videro deposta dall’incarico di madre generale. Sappiamo che risale a questo periodo la sua frase più celebre “Dio sa quello che fa” e anche il necrologio non tralascia di ricordare lo spirito di perdono e di affidamento a Dio con cui ella visse questo periodo.
Essa colla coscienza pura di aver fatto il proprio dovere svelò le arti della menzogna e alla ingratitudine delle persone da lei beneficate corrispose con generoso perdono. Intanto il suo cuore temprava alla pazienza e rassegnazione, alla rimembranza che le opere di Dio incontrano contrasti e opposizioni.
Ormai malata, visse gli ultimi mesi rafforzando la sua preghiera e il suo affidamento a Dio.
Da qualche mese parea venirle meno le forse, si munì dei conforti di nostra SS. Religione, meditò Gesù Crocefisso, si trattenne alcune ore innanzi al SS. Sacramento e non parlava che di Dio.
La notte della sua morte si confessò e benedisse le sue figlie. Le sue ultime parole furono di affidamento alla Vergine: “Maria madre di Dio, madre di Misericordia santificate l’anima mia”.
Si giunge così alla conclusione del testo che ricorda come, meglio di qualsiasi discorso parlino le sue virtù, lo spirito di sacrificio, di annegazione, la sua umiltà, la sua pazienza, la sua carità, lo zelo della gloria di Dio.
Il necrologio è uno splendido ritratto che dipinge tutti gli aspetti più importanti della sua vita delineandone non solo le azioni, ma soprattutto il carattere e l’indole. Ne traspare la figura di madre Chiara Ricci nella sua interezza e nella sua profondità, ma soprattutto nella sua attenzione al bene e alla vita, nella sua capacità di affidarsi a Dio certa di trovare in lui risposta ai suoi bisogni. Se tutto ciò non bastasse, l’affetto e la stima che le persone avevano per lei e che si possono intuire in tanti passaggi di questo testo confermano come ella morì da Santa, come da Santa era vissuta.