Quante volte ci sentiamo strattonati per fermarci sulla comoda riva! Ma il Signore ci chiama a navigare al largo e a gettare le reti in acque più profonde (cfr Lc 5,4). Ci invita a spendere la nostra vita al suo servizio. Aggrappati a Lui abbiamo il coraggio di mettere tutti i nostri carismi al servizio degli altri. Potessimo sentirci spinti dal suo amore (cfr 2 Cor 5,14) e dire con san Paolo: «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16). Guardiamo a Gesù: la sua compassione profonda non era qualcosa che lo concentrasse su di sé, non era una compassione paralizzante, timida o piena di vergogna come molte volte succede a noi, ma tutto il contrario. Era una compassione che lo spingeva a uscire da sé con forza per annunciare, per inviare in missione, per inviare a guarire e a liberare. Riconosciamo la nostra fragilità ma lasciamo che Gesù la prenda nelle sue mani e ci lanci in missione. Siamo fragili, ma portatori di un tesoro che ci rende grandi e che può rendere più buoni e felici quelli che lo accolgono. L’audacia e il coraggio apostolico sono costitutivi della missione.
(Papa Francesco, GE 130-131)
Luca Passaglia nasce il 29 marzo 1999 a Pavullo nel Frignano, in provincia di Modena.
Appena dopo la nascita, i suoi genitori lo affidano alla Vergine Maria e, fin da subito, lo coinvolgono nei loro momenti di preghiera quotidiana. Ricorda così la mamma di Luca: “Non lavorando fuori casa, avevo tempo, al mattino, di portare Luca con calma a fare visita a Gesù in chiesa. Ricordo che il bimbo sovente raccoglieva tante margheritine da portare alla Madonna, amava correre verso le varie statue ed accendere tante candeline. Da quando aveva circa un anno iniziammo a portarlo anche alla Messa della domenica perché era molto tranquillo e non disturbava nessuno. Quando andavamo a fare la comunione, man mano che diventava grande, ci faceva molte domande e noi cercavamo di rispondere nel modo che ci sembrava più consono ad un bimbo piccolo, pensando però sovente ed erroneamente, che un bambino così piccolo non avrebbe potuto comprendere molto… Quando gli rispondevamo che andavamo a ricevere Gesù, lui ci sorrideva”.
Per il resto, Luca è un bambino come tutti gli altri: ama disegnare e giocare con le costruzioni. Sua mamma lo ricorda così: “Luca era un bambino riflessivo e calmo, buono e sorridente, trasmetteva tanta serenità a chi lo incontrava. Non era affatto capriccioso e ubbidiva spontaneamente alle nostre correzioni. Un giorno il papà gli chiese: «Luca, ma perché tu mi dici sempre di sì quando ti chiedo le cose?». Luca serenamente gli rispose: «Papà, perché io voglio farti contento!». […] È da questa semplicità che il nostro piccolo imparò presto il Padre Nostro, l’Ave Maria, il Gloria al Padre, l’Angelo di Dio, la sequenza intera dello Spirito Santo e la Salve Regina, la sua preghiera preferita”.
Luca si rivolge spesso alla Madonna con queste parole: “Ti voglio bene Madonnina, fai la nanna vicino a me”.
Tutto sembra andare bene, ma “i primi sintomi del male accaddero il 22 maggio 2002, giorno di Santa Rita. Luca non riusciva più a camminare e aveva forti dolori alle gambe, che lo facevano piangere continuamente notte e giorno. Furono quindi dei sintomi così violenti e inaspettati che lasciarono presagire a me e a mio marito qualcosa di grosso. […] Luca, passando davanti alla Cappellina dell’ospedale, mi disse: «Mamma andiamo a tenere compagnia a Gesù, se no piange». […] Lì subito compresero che si trattava di una rarissima forma tumorale della prima infanzia, con metastasi in tutte le ossa e nel midollo, il neuroblastoma. Dopo lo shock iniziale, mio marito ed io per una grazia speciale, solo per grazia, anche se desolati, accettammo la croce, nella sua nudità e nella sua freddezza, senza tante chiacchiere, come un compito da svolgere, come la volontà di Dio che è sempre da fare nel bene e nel male. […] Luca soffriva immensamente e non parlava più, era tutto un lamento e tante piccole goccioline di sudore gli fuoriuscivano dalla pelle del viso quando era angosciato e dolorante. Voleva essere costantemente tenuto in braccio, lo vedevo deperire vertiginosamente. Prima di entrare nel reparto di oncologia pediatrica Luca mi disse con forza: «Mamma dammi la statuina della Madonnina che voglio darle un bacio». Immediatamente iniziò per lui, per la sua guarigione, come una cordata di preghiera che coinvolse anche persone all’estero: amici, sacerdoti, monasteri di clausura, gruppi di preghiera parrocchiali e persino diversi amici non praticanti”.
Luca rimane in ospedale per lunghi nove mesi, durante i quali si sottopone a diversi cicli di chemioterapia, ad un intervento per l’asportazione di una massa tumorale nel surrene destro e ad un trattamento di autotrapianto di midollo osseo. Luca sopporta tutto con grande serenità, senza lamentarsi mai, infondendo coraggio a chi gli sta vicino.
Ricorda ancora la mamma di Luca: “Era lui a dare sempre la forza a noi con la sua serenità e dolcezza. Accettava sempre con mansuetudine, a differenza nostra che sovente diventavamo nervosi e impazienti, tutti i sacrifici che stava vivendo. Era sempre attento alle sofferenze degli altri bambini e capitava che spontaneamente, sentendo le loro grida di dolore, pregasse per loro l’Angelo di Dio. Altre volte, quando dovevamo lasciare la stanza dell’ospedale, voleva che lasciassi l’immagine della Madonna di Medjugorie nella camera: «Così potrà aiutare un’altra mamma che verrà qui dopo di noi»”.
Nella primavera del 2003, Luca viene dimesso dall’ospedale e, nel giro di pochi mesi, riprende a camminare e a correre. Impara a leggere e a scrivere, inizia a frequentare la scuola materna e continua a crescere nella fede. Alcuni fine settimana, insieme alla sua famiglia, va a visitare qualche Santuario per rafforzare lo spirito.
Tutto sembra tornato alla normalità, ma “in ottobre, in piena notte, Luca si svegliò urlando dal male. Da lì a venti giorni eravamo di nuovo daccapo e tornammo nell’ospedale di Torino. I dolori ossei che la prima volta lo colpirono alle gambe, questa volta erano localizzati nelle braccia e nelle spalle. Purtroppo il tumore a quel punto iniziò a prendere possesso dei polmoni, in particolar modo di quello sinistro. «Mamma, non ne posso più» mi disse un mattino dispiaciuto di dover andare in ospedale”. È la prima volta che Luca si lamenta.
Grazie ad un libretto sulla vita dei Pastorelli di Fatima, Luca riesce a dare un senso al suo dolore. Ricorda così sua mamma: “In quell’epoca una nostra amica portò al bambino, di ritorno da Fatima, un libretto sulla vita dei pastorelli e sul compito che la Madonna aveva assegnato ai bambini: offrire le proprie sofferenze più piccole per la conversione dei grandi peccatori. Non so fino a che punto, a quattro anni e mezzo, Luca avesse la percezione della cattiveria del mondo, visto che era cresciuto in un ambiente sereno, dove tutti si comportavano con lui molto bene anche per via della sua malattia. Ma amava molto che gli leggessi quel libro e penso che qualcosa riuscì veramente ad interiorizzare, perché spontaneamente un giorno scrisse in una letterina: “Vado in ospedale a offrire a Gesù”. Un giorno sorridendo mi disse: «Sai mamma, Gesù mi vuole tanto bene»”.
Da quel momento, Luca diventa un faro che indica a tutti la via per il Cielo.
Nei momenti di maggior sofferenza, Luca cerca la compagnia di Gesù: prende il Crocifisso e se lo stringe accanto a sé dicendogli: “Stai qui Gesù, fai la nanna vicino a me”.
Il 10 gennaio 2004 la situazione peggiora. Ricorda così quei momenti la mamma di Luca: “Soffriva molto alla gola sia per una fortissima mucosite, sia perché la trachea ed il cuore venivano spostati verso destra dal polmone ingrossato dal tumore. Respirava con l’ossigeno, e anche questa volta non aveva posto resistenza alla mascherina, per quanto gli desse molto fastidio. Parlava poco, non poteva più mangiare, continuavamo a sperare nella guarigione ma per la prima volta in un anno e mezzo, mio marito ed io sentimmo nel cuore che era giunto il tempo di affidarci completamente alla volontà di Dio senza più chiedergli il miracolo. Lunedì 19 gennaio il primario disse tristemente che era solo questione di due o tre settimane. In quelle ore Luca era particolarmente agitato, era sotto morfina, ma lo udii dire chiaramente: «Sono di Gesù». A quel punto, improvvisamente, l’agitazione gli scomparve”.
Il 20 gennaio, con dispensa del vescovo, Luca fa la Prima Comunione e la Cresima: è un momento di grande gioia, per lui e per i suoi genitori. Poco dopo la situazione precipita: Luca non ha più la forza di parlare, rimane nel letto con accanto a sé il Crocifisso. Ai genitori che si sono assopiti per la stanchezza, dice: “Pregate il Rosario”. È la sua ultima raccomandazione.
La mattina dopo, il 21 gennaio, memoria di Sant’Agnese, Luca entra nella gioia eterna del Paradiso.
(testi tratti dai siti https://www.gruppomariaportadelcielo.it/index.html e https://giovanisanti.wordpress.com/)