Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera della Spirito Santo. […] Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: ‘Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele’, che significa ‘Dio con noi’.
(Mt 1, 18.22-23)
Benvenuti! E bentornati a tutti in questa rubrica alla scoperta della bellezza dei Centenari francescani, celebrazioni che dall’anno scorso ci accompagneranno fino al 2026. La prima festa è stata quella degli ottocento anni dall’approvazione della Regola bollata, documento che esplicita la forma di vita iniziata ed intrapresa da San Francesco. La seconda ricorrenza, nel cui mistero oggi cominceremo a scavare, è quella degli ottocento anni dal presepe di Greccio.
Era la notte del 24 dicembre 1223, quando Francesco si trovava appunto a Greccio, un piccolo paese nel sud dell’Umbria, ad una novantina di chilometri da Assisi. Come tutti si apprestava a festeggiare il Natale, e a contemplare il mistero e la bellezza di un Dio che si fa Bambino e viene ad abitare sulla terra. Quel Natale però, Francesco, uomo innamorato di Dio, volle realizzare qualcosa di speciale. Chiese ad un suo conoscente ben stimato di preparare per lui una nuova Betlemme, perché, disse: “Vorrei in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato [il Signore] per la mancanza delle cose necessarie a un neonato”. E così Giovanni, quest’uomo da Francesco incaricato della cosa, preparò tutto come gli era stato chiesto. Cosa successe allora quella notte? Il poverello, molti suoi frati ed altra gente si ritrovarono intorno a quella nuova Betlemme, e Francesco fece celebrare sopra la mangiatoia l’Eucaristia. Il bambino infatti non c’era, perché quella notte era il Signore stesso che volevano veder nascere!
Il Santo era estatico di fronte a tutto questo! Pieno di gioia e in una perfetta comunione con il Signore, che stava vedendo con i suoi stessi occhi, in quel pezzettino di Pane, nel giorno in cui si fece Uomo.
Qualcuno, in tutto questo tumulto di gioia e stupore, ebbe poi una visione: Francesco con in braccio il Bambino, che da morto tornava in vita! Era il primo presepe della storia! Da lì nasce la tradizione che ancora oggi tutti noi, nelle nostre case, portiamo avanti. Ogni anno, centinaia di migliaia di persone, realizzano infatti la stessa cosa che volle Francesco: vedere con gli occhi del corpo il Signore che si fa Bambino.
Ma perché continuiamo, sulla scia di quanto fece quest’uomo, a realizzare il presepe dentro casa? Chi è quel Bambino che tanto attraeva Francesco e tanto ancora attrae noi? Che c’è di bello in un Bimbo che nasce solo e al freddo?
Stiamo parlando del mistero dell’Incarnazione del Signore, che Francesco amava particolarmente insieme a quello della Passione, Morte e Resurrezione. Era infatti un uomo estremamente pratico e schietto, che non dimenticava di essere anche corpo, soprattutto nella relazione con il Signore. I cinque sensi, ad esempio, erano per lui occasione per ammirare ed incontrare Dio nel mondo. Basti pensare all’amore del santo per il Creato, in cui vedeva il riflesso Suo, per capire quello che sto dicendo.
Così, Francesco non poté che rimanere affascinato dal mistero di un Dio che prende un corpo, lo stesso mio e tuo con tutti i suoi limiti e le sue fatiche, e si fa uomo in tutto come me e te. Un Dio che si fa presente nel mondo. Un Dio che si fa toccabile ed incontrabile faccia a faccia.
Quel Bambino rappresenta tutto questo. Dio si è fatto uomo ed è venuto ad abitare sulla terra insieme a me e te. E perché? Semplice, per Amore. E che significa? Questo ce lo svelano i quattro Vangeli, e soprattutto i tre Vangeli che parlano di come Gesù sia venuto nel mondo, e di cui cercheremo di sottolineare le differenze nei prossimi mesi.
Il primo Vangelo è quello di Matteo, riportato all’inizio, unico in cui a Gesù viene attribuito anche un altro nome: Emmanuele. Potrebbe sembrare cosa di poco conto, ma non lo è se si tiene presente che nella tradizione ebraica, popolo a cui Gesù apparteneva, il nome rappresentava la persona stessa, e che il nome da dare a Gesù è Dio stesso ad averlo indicato ai genitori. Ciò che il nome significava, diceva chi era la persona che avevi davanti. Insomma, il tuo nome eri tu nel tuo profondo, ed esso diceva la tua identità più intima e più vera. E così Gesù, ad esempio, significa ‘Dio salva’. Il Signore è nato su questa terra per salvare. Chi? Tutti noi, che spesso siamo persi nel buio e nelle tenebre, e non riusciamo più a vedere la luce. Che bella notizia! Dio mi salva! Non è nato sulla terra per castigarmi per tutti i miei errori, ma per salvarmi dalle tenebre del mio cuore e ridarmi la gioia!
Ed Emmanuele? Il significato viene riportato pure nel Vangelo: ‘Dio con noi’. Con tutti e con ognuno; con me e con te; dalla mia parte! Il Signore è nato sulla terra per poter essere presente nella mia e nella tua storia (perché noi abbiamo bisogno di vedere e sperimentare anche con i sensi), e per poterci dire che Lui vuole solo il nostro bene; è un Dio che è nella mia squadra, non contro di me; che, quando rimango sola, Lui c’è; che resta con me quando devo affrontare una prova, passandola anche insieme a me… che sempre e comunque resta vicino a me per amarmi, anche quando non me ne accorgo e penso che sia lontano.
Francesco abbiamo già detto che era innamorato di questo Dio, e quel Natale volle vedere concretamente tutta la dolcezza dell’Amore del Signore per ognuno di noi in quel farsi piccolo e vulnerabile Bimbo.
E anche noi oggi, guardando attentamente il presepe che forse distrattamente facciamo ogni anno, possiamo ammirare la bellezza e gustare la dolcezza dell’Amore di Dio per ognuno, che è arrivato fino al punto di farsi il più piccolo di tutti, solo per dirci: “Ti voglio bene, non avere paura, di me ti puoi fidare”.
Emma