Quante volte ci sentiamo strattonati per fermarci sulla comoda riva! Ma il Signore ci chiama a navigare al largo e a gettare le reti in acque più profonde (cfr Lc 5,4). Ci invita a spendere la nostra vita al suo servizio. Aggrappati a Lui abbiamo il coraggio di mettere tutti i nostri carismi al servizio degli altri. Potessimo sentirci spinti dal suo amore (cfr 2 Cor 5,14) e dire con san Paolo: «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16). Guardiamo a Gesù: la sua compassione profonda non era qualcosa che lo concentrasse su di sé, non era una compassione paralizzante, timida o piena di vergogna come molte volte succede a noi, ma tutto il contrario. Era una compassione che lo spingeva a uscire da sé con forza per annunciare, per inviare in missione, per inviare a guarire e a liberare. Riconosciamo la nostra fragilità ma lasciamo che Gesù la prenda nelle sue mani e ci lanci in missione. Siamo fragili, ma portatori di un tesoro che ci rende grandi e che può rendere più buoni e felici quelli che lo accolgono. L’audacia e il coraggio apostolico sono costitutivi della missione.
Category: Santi
MARIO GIUSEPPE RESTIVO: IL GIOVANE POETA SCOUT
La santità è parresia: è audacia, è slancio evangelizzatore che lascia un segno in questo mondo. Perché ciò sia possibile, Gesù stesso ci viene incontro e ci ripete con serenità e fermezza: «Non abbiate paura» (Mc 6,50). «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Queste parole ci permettono di camminare e servire con quell’atteggiamento pieno di coraggio che lo Spirito Santo suscitava negli Apostoli spingendoli ad annunciare Gesù Cristo. Audacia, entusiasmo, parlare con libertà, fervore apostolico, tutto questo è compreso nel vocabolo parresia, parola con cui la Bibbia esprime anche la libertà di un’esistenza che è aperta, perché si trova disponibile per Dio e per i fratelli (cfr At 4,29; 9,28; 28,31; 2 Cor 3,12; Ef 3,12; Eb 3,6; 10,19).
CARLA RONCI: UNA GIOVANE LAICA CONSACRATA A SERVIZIO DELLA CHIESA
Ci sono momenti duri, tempi di croce, ma niente può distruggere la gioia soprannaturale, che «si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto».[100] È una sicurezza interiore, una serenità piena di speranza che offre una soddisfazione spirituale incomprensibile secondo i criteri mondani. Ordinariamente la gioia cristiana è accompagnata dal senso dell’umorismo […]. Il malumore non è un segno di santità: «Caccia la malinconia dal tuo cuore» (Qo 11,10). È così tanto quello che riceviamo dal Signore «perché possiamo goderne» (1 Tm 6,17), che a volte la tristezza è legata all’ingratitudine, con lo stare talmente chiusi in sé stessi da diventare incapaci di riconoscere i doni di Dio.[101] Il suo amore paterno ci invita: «Figlio, […] trattati bene […]. Non privarti di un giorno felice» (Sir 14,11.14). Ci vuole positivi, grati e non troppo complicati: «Nel giorno lieto sta’ allegro […]. Dio ha creato gli esseri umani retti, ma essi vanno in cerca di infinite complicazioni» (Qo 7,14.29). In ogni situazione, occorre mantenere uno spirito flessibile, e fare come san Paolo: «Ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione» (Fil 4,11). È quello che viveva san Francesco d’Assisi, capace di commuoversi di gratitudine davanti a un pezzo di pane duro, o di lodare felice Dio solo per la brezza che accarezzava il suo volto.
CARMELO CAPORALE: UN DONO DI DIO PER TUTTA LA CHIESA
Il santo è capace di vivere con gioia e senso dell’umorismo. Senza perdere il realismo, illumina gli altri con uno spirito positivo e ricco di speranza. Essere cristiani è «gioia nello Spirito Santo» (Rm 14,17), perché «all’amore di carità segue necessariamente la gioia. Poiché chi ama gode sempre dell’unione con l’amato […] Per cui alla carità segue la gioia».[99]
(Papa Francesco, GE 122)
[99] S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 70, a. 3.
ALBERTO MICHELOTTI E CARLO GRISOLIA: AMICI PER L’ETERNITÀ
L’umiltà può radicarsi nel cuore solamente attraverso le umiliazioni. Senza di esse non c’è umiltà né santità. Se tu non sei capace di sopportare e offrire alcune umiliazioni non sei umile e non sei sulla via della santità. La santità che Dio dona alla sua Chiesa viene mediante l’umiliazione del suo Figlio: questa è la via. L’umiliazione ti porta ad assomigliare a Gesù, è parte ineludibile dell’imitazione di Cristo: «Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme» (1 Pt 2,21). Egli a sua volta manifesta l’umiltà del Padre, che si umilia per camminare con il suo popolo, che sopporta le sue infedeltà e mormorazioni (cfr Es 34,6-9; Sap 11,23-12,2; Lc 6,36). Per questa ragione gli Apostoli, dopo l’umiliazione, erano «lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù» (At 5,41).
MARIA CRISTINA CELLA MOCELLIN: UNA VITA DONATA
La fermezza interiore, che è opera della grazia, ci preserva dal lasciarci trascinare dalla violenza che invade la vita sociale, perché la grazia smorza la vanità e rende possibile la mitezza del cuore. Il santo non spreca le sue energie lamentandosi degli errori altrui, è capace di fare silenzio davanti ai difetti dei fratelli ed evita la violenza verbale che distrugge e maltratta, perché non si ritiene degno di essere duro con gli altri, ma piuttosto li considera «superiori a sé stesso» (Fil 2,3).
MIRELLA SOLIDORO: LA CROCIFISSA PER AMORE
La prima di queste grandi caratteristiche [che possono costituire un modello di santità] è rimanere centrati, saldi in Dio che ama e sostiene. A partire da questa fermezza interiore è possibile sopportare, sostenere le contrarietà, le vicissitudini della vita, e anche le aggressioni degli altri, le loro infedeltà e i loro difetti. […] Questo è fonte di pace che si esprime negli atteggiamenti di un santo. Sulla base di tale solidità interiore, la testimonianza di santità, nel nostro mondo accelerato, volubile e aggressivo, è fatta di pazienza e costanza nel bene. E’ la fedeltà dell’amore, perché chi si appoggia su Dio può anche essere fedele davanti ai fratelli, non li abbandona nei momenti difficili, non si lascia trascinare dall’ansietà e rimane accanto agli altri anche quando questo non gli procura soddisfazioni immediate.
MARCO BETTIOL: UN TESORO NASCOSTO
La forza della testimonianza dei santi sta nel vivere le Beatitudini e la regola di comportamento del giudizio finale. Sono poche parole, semplici, ma pratiche e valide per tutti, perché il cristianesimo è fatto soprattutto per essere praticato, e se è anche oggetto di riflessione, ciò ha valore solo quando ci aiuta a vivere il Vangelo nella vita quotidiana.
(Papa Francesco, GE 109)
Marco Bettiol nasce a Vicenza il 24 giugno 1992.
Il giorno seguente viene trasferito nel reparto di patologia neonatale per accertamenti; dieci giorni dopo viene dimesso senza alcuna indicazione particolare di anomalie o malattie.
MARCO SANTAMARIA: EROE DI ALTRUISMO
Chi desidera veramente dare gloria a Dio con la propria vita, chi realmente anela a santificarsi perché la sua esistenza glorifichi il Santo, è chiamato a tormentarsi, spendersi e stancarsi cercando di vivere le opere di misericordia. È ciò che aveva capito molto bene santa Teresa di Calcutta: «Sì, ho molte debolezze umane, molte miserie umane. […] Ma Lui si abbassa e si serve di noi, di te e di me, per essere suo amore e sua compassione nel mondo, nonostante i nostri peccati, nonostante le nostre miserie e i nostri difetti. Lui dipende da noi per amare il mondo e dimostrargli quanto lo ama. Se ci occupiamo troppo di noi stessi, non ci resterà tempo per gli altri».
MARIACHIARA MESSINA: CON LA CROCE NEL CUORE E LA RESURREZIONE SUL VOLTO
Essere santi non significa lustrarsi gli occhi in una presunta estasi. Diceva san Giovanni Paolo II che «se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi». […] In questo richiamo a riconoscerlo nei poveri e nei sofferenti si rivela il cuore stesso di Cristo, i suoi sentimenti e le sue scelte più profonde, alle quali ogni santo cerca di conformarsi.
(Papa Francesco, GE 96)