UnNomeUnaPromessa

Generalmente si è soliti dire “Un nome una garanzia”… E se il 2021, anno appena iniziato, fosse per te l’occasione di comprendere che la garanzia di un nome è strettamente legata alla dimensione della promessa? E se il nome in questione fosse il tuo? Nome depositario di una promessa, grande, gigante!

Questo sarà il fil rouge che attraverserà il nuovo anno: un Nome una Promessa, per scoprire la Promessa divina iscritta nel tuo Nome.


UNomeunaPromessa#11 – Il Nome di Dio

TraguardoCaro giovane,

               eccoci all’ultima tappa di questo nostro itinerario, iniziato ormai ben…quasi un anno fa!

Abbiamo cercato di penetrare dentro i tesori che custodisce il tuo Nome, tesori inaspettati e belli da scoprire, tesori che hanno a che fare con la preziosità della tua esistenza e con la grandezza della vita alla quale sei chiamato. E a volte in maniera più esplicita altre volte tra le righe abbiamo conosciuto un po’ di più il volto di Colui che ti ha chiamato all’esistenza e che ti chiama ogni giorno alla Vita vera: Dio!

Ma chi è Dio? Com’è Dio? Se dovessi fare l’identikit di Dio cosa diresti di Lui? Sicuramente il “luogo” dove puoi conoscere il volto di Dio è la relazione con Lui, nutrita di Parola di Dio, sacramenti, servizio con i poveri…

Ma avvicinandoci al Natale (da poco siamo entrati nel tempo liturgico dell’Avvento!) vorremmo concludere questo percorso fatto insieme con un tratto speciale di Dio: il tratto della presenza.

Che cosa significa dire che Dio è presente? È la stessa cosa di dire che Dio esiste? O c’è molto di più dietro questo tratto del volto di Dio?

Proviamo a rispondere a questa domanda con un esercizio molto semplice.

Pensa al tuo più caro amico, alla tua amica più fidata, o al tuo fidanzato e alla tua fidanzata. Fatto?

Nel momento in cui, pensandoci, il suo nome e il suo volto sono comparsi davanti agli occhi del tuo cuore, il pensiero che è affiorato è stato: “Che bello: c’è N.”?

O non è stato forse più propriamente: “Che bello: N. c’è”?

Sono sicura che hai colto la differenza che c’è tra i due pensieri:

Il primo pensiero equivale a “Che bello: esiste N.”

Il secondo equivale a “Che bello: N. c’è accanto a me, è presente, è con me!”

Ecco: Dio non è solo Qualcuno che genericamente esiste, ma è Qualcuno che è presente nella tua vita. Come? Vegliando su di te, custodendo nelle Sue mani la tua vita, vedendo ciò che stai vivendo, sostenendoti e incoraggiandoti nelle fatiche, piangendo con te, rallegrandosi con te quando il tuo cuore gioisce, provvedendo alla tua vita come fa un padre con i figli…tutto questo e ancora di più perché ti ama. Punto.

Con Madre Chiara[1], nostra Fondatrice, ti diciamo con certezza: “Dio è presente, c’è accanto a te”.

E se le nostre parole sono umane, per cui deboli, c’è una Parola che invece è forte, “viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio”[2]: è la Parola di Dio, che rimarrà anche quando il cielo e la terra passeranno. È la Parola che Dio stesso ha consegnato agli uomini per farsi conoscere da loro. E l’ultima Parola che Dio Padre ha detto-dato agli uomini è il Suo Figlio Gesù, Parola diventata Carne perché tutti potessimo toccarla.

E sai qual è l’appellativo con cui l’evangelista Matteo, rifacendosi al profeta Isaia, chiama il bambino Gesù?

«Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:

Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele,
che significa Dio con noi».

(Mt 1,18-23)

Emmanuele! Ecco uno dei Nomi di Dio: Emmanuele, Dio con noi. E Gesù stesso, al termine della sua vicenda storica cosa dirà di sé?

Beh, non possiamo svelarti tutto! Cerca nel Vangelo di Matteo, leggi gli ultimi versetti!

L’augurio che ti facciamo per questo tempo di Avvento è quello di camminare nella ricerca del volto di Dio per incontrare nella notte di Natale l’Emmanuele, il Dio che è presente, che cammina accanto a te, che è con te, dalla tua parte e mai contro di te.

E con Lui scegli di camminare, perché la promessa di bene e di felicità piena custodita nel tuo Nome possa compiersi!

Buon cammino e buona ricerca di Dio, l’Emmanuele!

 

[1] Visita la sezione “Madre Chiara” del Blog.

[2] Eb 4,12

UNomeunaPromessa#10 – Il Nome Nuovo

Caro giovane,

riprendiamo il nostro cammino alla scoperta del tuo nome. Volendo venire in aiuto alla nostra memoria, potremmo così riassumere il percorso fatto finora:

Il tuo Nome
Tu sei chiamato
Il Nome di Dio
Il Nome che risveglia alla vita
Il Nome che risveglia alla speranza
Il Nome riconosciuto
Uno sguardo d’amore
Un Nome una storia
Un Nome una gioia.

Davvero tanto è nascosto, custodito nel tuo nome. Ma c’è ancora di più!

Qualche giorno fa stavo ascoltando un sacerdote che parlava del Battesimo e ad un certo punto ha detto: “Prepararsi a ricevere il sacramento del Battesimo significa prepararsi a ricevere il nome nuovo che Dio vorrà dare a quel bambino, vuol dire passare dal nome ricevuto dai genitori al nome ricevuto da Dio”. È vero, c’è il nome che i tuoi genitori ti hanno dato, nome carico di significato e già di storia (non hai più qualche mese di vita!), nome che, come abbiamo visto in questi mesi, è portatore di vita, di speranza, di amore, è portatore di una promessa di gioia. Ma c’è anche un nome da scoprire, un nome nuovo da ricevere.

Vivere, crescere, diventare pienamente te stesso significa allora rimanere in ascolto della voce di Dio che quotidianamente ti chiama, ti risveglia alla vita, attraverso i fatti concreti della tua ordinarietà ti provoca (dal latino provocare, comp. di pro– e vocare «chiamare», propr. «chiamare fuori»). Sì, Dio ti chiama fuori! Vuole che venga alla luce chi sei veramente, e c’è un “luogo” dove è possibile conoscere chi sei veramente: il sogno di Dio! Vuoi conoscere chi sei? Interroga il sogno di Dio per te, abbi il coraggio di chiedergli: “Dio, ma come mi hai sognato tu? Come mi sogni?”. Sapendo che il sogno ha a che fare con i desideri…

E allora vivere in questo ascolto di Dio e in questo ascolto dei tuoi desideri più profondi ti porterà a scoprire, giorno per giorno, anno dopo anno, il nome nuovo che Dio ha pensato per te. E dentro quel nome è iscritta la tua vocazione, è iscritta la tua missione. Non cercare fuori di te, non affannarti dentro a ricerche fasulle e frustranti, cerca la tua vocazione, il tuo nome nuovo in Dio, che abita dentro di te. In questo cammino lasciati illuminare dalla Parola di Dio, impara a pregarla per conoscere il volto di Dio, i suoi pensieri, il suo cuore, il suo modo di agire. Lo percepirai sempre meno estraneo a te, alla tua vita e sempre più familiare. E le corde del tuo cuore impareranno a vibrare per simpatia quando avvertiranno la voce di Dio sussurrare il tuo nome, il nome nuovo.

Buon cammino, caro giovane, e buon ascolto!

Di seguito qualche suggerimento di lettura-preghiera

Isaia 62, 2-4

Per amore di Sion non tacerò,
per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo,
finché non sorga come aurora la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.
Allora le genti vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;
sarai chiamata con un nome nuovo,
che la bocca del Signore indicherà.
Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma sarai chiamata Mia Gioia
e la tua terra Sposata,
perché il Signore troverà in te la sua delizia
e la tua terra avrà uno sposo.

Gen 17,3-5

Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui:
“Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te:
diventerai padre di una moltitudine di nazioni.
Non ti chiamerai più Abram,
ma ti chiamerai Abramo,
perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò”.

Gen 32,23-29

Durante quella notte egli si alzò, prese le due mogli, le due schiave, i suoi undici bambini e passò il guado dello Iabbok. Li prese, fece loro passare il torrente e portò di là anche tutti i suoi averi. Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora. Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all’articolazione del femore e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui. Quello disse: “Lasciami andare, perché è spuntata l’aurora”. Giacobbe rispose: “Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!”. Gli domandò: “Come ti chiami?”. Rispose: “Giacobbe”. Riprese: “Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!”.

Gen 35,9-10

Dio apparve un’altra volta a Giacobbe durante il ritorno da Paddan-Aram e lo benedisse. Dio gli disse:
“Il tuo nome è Giacobbe.
Ma non ti chiamerai più Giacobbe:
Israele sarà il tuo nome“.
Così lo si chiamò Israele.

Gv 1,40-42

Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: “Abbiamo trovato il Messia” – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa” – che significa Pietro.

Mt 16,15-19

Disse loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E Gesù gli disse: “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.

UNomeunaPromessa#9 – Un Nome una Gioia

NomiCaro giovane,

               siamo all’inizio di un nuovo anno sociale, dopo la pausa estiva durante la quale speriamo tu abbia avuto modo di riposarti nelle relazioni a te più care…

Vogliamo riprendere il nostro cammino “UNomeunaPromessa” riagganciandoci al primo incontro, quello di gennaio in cui, prendendo spunto dal testo di una canzone e da un romanzo, abbiamo iniziato ad interrogarci sul nostro nome, intuendo quanta vita è racchiusa in esso, quale grande promessa di vita piena è contenuta nel tuo nome…

Il passaggio che vogliamo fare in questo mese è quello di scoprire che dentro al nostro nome c’è una promessa di gioia. Ci lasciamo guidare da Luca, l’evangelista che ci racconta di questo intreccio di nome e promessa.

Al tempo di Erode, re della Giudea, c’era un sacerdote chiamato Zaccaria, della classe di Abìa, e aveva in moglie una discendente di Aronne chiamata Elisabetta. Erano giusti davanti a Dio, osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Ma non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.

Mentre Zaccaria officiava davanti al Signore nel turno della sua classe, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, gli toccò in sorte di entrare nel tempio per fare l’offerta dell’incenso. Tutta l’assemblea del popolo pregava fuori nell’ora dell’incenso. Allora gli apparve un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita, poiché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio». (Lc 1,5-20)

Qualche breve sottolineatura

1. Guarda che presenza di nomi propri: Dio entra nella storia umana, e nella storia di persone concrete, con un nome ben preciso il cui significato non è trascurabile:

Zaccaria = Dio si è ricordato. Il suo nome indica il motivo per cui Dio interviene: si ricorda della sua promessa, del suo amore e della sua misericordia.

Abìa = Dio è padre. Questo è il motivo per cui Dio si ricorda, non può non ricordarsi di Zaccaria, di te. Perché è padre.

Elisabetta = Dio è il mio giuramento oppure Dio è la mia perfezione.

Giovanni = Dio è favorevole, oppure Dono di Dio.

2. Guarda che grande promessa Dio rivolge a Zaccaria e ad Elisabetta: la promessa di dare futuro a chi non ne ha (sono vecchi entrambi e senza figli!), dare fecondità a chi è sterile, dare senso a chi ne è privo. In una parola: dare vita! Dio promette vita piena ad ognuno dei suoi figli. Dio promette vita piena a te!!!

3. Guarda la fedeltà di Dio! Adempie le sue promesse: nasce Giovanni, e Giovanni è la benevolenza di Dio per Zaccaria ed Elisabetta; Giovanni è il dono fatto a Zaccaria ed Elisabetta, che ricorda loro che Dio è loro favorevole, è dalla loro parte!!! Dio è favorevole a te! È dalla tua parte!

4. E cos’altro annuncia Dio per bocca dell’angelo?

“Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita, poiché egli sarà grande davanti al Signore”

Ecco il frutto della promessa di Dio: la gioia! Il nostro Dio ti chiama per nome, ti chiama all’esistenza pronunciando il tuo nome; a quel nome è legata una promessa di vita piena e il frutto è la gioia! Non quella frizzante come una bibita gassata, che poi svanisce, ma quella che ha a che fare con la pace profonda del cuore, con un senso di pienezza di vita, quella che resiste alle tempeste della vita.

 

Ecco allora che all’inizio di questo nuovo anno sociale Dio ti richiama per nome, ti ricorda la promessa di vita rivolta a te e ti ricorda che tu sei fatto per essere nella gioia.

E allora prenditi del tempo in questo mese e, sostando sul brano di Luca, prova a chiederti:

  1. Conosco il significato del mio nome? Qual è?
  2. Da cosa ho fatto dipendere la mia gioia fino ad oggi?
  3. Quale promessa intuisco abiti la mia vita?
  4. In quali fatti della mia vita ho sperimentato che Dio mi è favorevole?

Buon cammino!

UNomeunaPromessa#8 – Un Nome una Storia

Dove sei?Caro giovane,

continuiamo il nostro cammino alla scoperta della bellezza e della ricchezza del tuo nome, e riprendiamo dalla scorsa volta, in cui ti è stata rivolta una domanda precisa: “Dove sei?”. E la parola bella che ti ha raggiunto è stata questa: qualsiasi sia la tua risposta, la tua vita è comunque vista e guardata con estremo rispetto e grande amore da due occhi che ti conoscono in profondità, senza giudicarti, senza ferirti, ma facendoti sentire prezioso. È talmente importante che tu possa credere questo che ti indichiamo le vite di altre persone che, nelle situazioni esistenziali più disparate – e a volte anche un po’ all’eccesso – si sono sentite guardate con amore da Dio. Già hai avuto modo di conoscere Matteo, ma insieme a lui ci sono altri: eccoli!

Pietro e Andrea, pescatori di mestiere che più volte fanno esperienza della frustrazione dovuta al fallimento in ambito lavorativo: reti vuote, niente pesce da vendere né da mangiare.

Giacomo e Giovanni, soprannominati da Gesù “Boanerghes” cioè “figli del tuono”, non certo perché sono tranquilli e pacifici… tutt’altro: focosi, impulsivi, impetuosi di carattere.

Filippo, pescatore di Betsaida, in Galilea, che risponde immediatamente e con entusiasmo alla chiamata di Gesù, tanto da raccontare subito a Natanaele l’incontro avuto.

Natanaele (detto anche Bartolomeo) che se inizialmente, alle parole di Filippo, risponde con diffidenza, in realtà poi è pronto all’adesione più entusiastica.

Tommaso, famoso per il suo pessimismo e la sua incredulità nei confronti dei discepoli che dicono di aver visto il Signore Gesù risorto, ma che si distingue anche per la sua obbedienza e la sua fedeltà al Maestro.

Simone, detto il cananeo o Zelota: molto probabilmente prima di incontrare Gesù apparteneva al partito degli Zeloti, i ‘conservatori’ delle tradizioni ebraiche e sostenitori della libertà dai romani anche con le armi.

Giacomo e Giuda (o Taddeo), parenti prossimi di Gesù (fratelli, nella lingua ebraica, indica anche i cugini).

E infine Giuda Iscariota, uomo avaro, ladro e che sceglierà di tradire Gesù.

Ecco 12 nomi dietro cui vivono 12 storie, uniche, diverse tra loro, forse anche molto lontane dalla tua idea di “storie da discepoli”. E su ciascuno di esse si è posato lo sguardo amorevole di Dio. E ciascuno di questi nomi è stato pronunciato con amore da Dio.

È successo a loro: può succedere anche a te! Credici!

Puoi leggere qualcosa di loro qui di seguito.

Pietro e Andrea

Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”. Simone rispose: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”. (Lc 5,1-5)

Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: “Io vado a pescare”. Gli dissero: “Veniamo anche noi con te”. Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. (Gv 21,1-3)

 

Giacomo e Giovanni

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”. Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. (Lc 9,51-56)

 

Filippo

Il giorno dopo Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: “Seguimi!”. Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo trovò Natanaele e gli disse: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret”. (Gv 1,43-45)

 

Natanaele

               Natanaele gli disse: “Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?”. Filippo gli rispose: “Vieni e vedi”. Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: “Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità”. Natanaele gli domandò: “Come mi conosci?”. Gli rispose Gesù: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi”. Gli replicò Natanaele: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. (Gv 1,46-49)

 

Tommaso

               Disse queste cose e poi soggiunse loro: “Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo”. Gli dissero allora i discepoli: “Signore, se si è addormentato, si salverà”. Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: “Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!”. Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: “Andiamo anche noi a morire con lui!”. (Gv 11,11-16)

               Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”. (Gv 20,24-25)

 

Giuda Iscariota

               Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: “Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?”. Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. (Gv 12,3-6)

               Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: “Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?”. E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo. (Mt 26,14-16)

Simone il cananeo, Giacomo di Alfeo e Giuda Taddeo

Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni. Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè “figli del tuono”; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì. (Mc 3,13-19)

In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. (Mt 13,54-57)

UNomeunaPromessa#7 – Uno sguardo d’amore

Caro giovane, eccoci alla VII tappa di questo nostro percorso dal titolo “Un Nome, una Promessa”, in cui stiamo scoprendo quale tesoro è nascosto nel tuo nome, quale promessa di vita è contenuta nel tuo nome.

Se c’è una domanda che ha il potere di provocarti, di interpellarti in profondità, è: “Tu, dove sei?”

Non tanto geograficamente parlando, dal punto di vista delle coordinate spaziali, ma dal punto di vista esistenziale[1].

Allora ecco rivolta a te questa domanda: “Alessandro, Stefano, Francesca, Michela…tu, dove sei?”. In questo arco di tempo della tua vita, in questo tuo “oggi”, dove sei? Quali scelte hai fatto o stai facendo? Quali decisioni importanti hai preso o sai di dover prendere? Nelle relazioni che vivi, come ci stai? Se dovessi disegnare la tua rete relazionale, come sarebbe? Verso quale direzione sta andando la tua vita? Se dovessi fare uno scatto fotografico simbolico della tua vita oggi, quale scatto sceglieresti? Oggi come descriveresti la tua vita?

Vedi quanto c’è dentro la domanda “dove sei?”.

Qualsiasi sarà la tua risposta, sappi che la tua vita è comunque vista e guardata con estremo rispetto e grande amore da due occhi che ti conoscono in profondità, senza giudicarti, senza ferirti, ma facendoti sentire prezioso. Due occhi che, se ti vedono sbocciare nella vita, gioiscono con te; se ti vedono prendere decisioni importanti per il tuo bene, ti invitano a perseverare nel bene; se ti vedono arenato in qualche situazione di stallo, ti incoraggiano a venirne fuori; se sei nell’apatia più totale, ti vorrebbero vedere vivo; se sei seduto e ripiegato su di te, comodamente adagiato in qualche compromesso, ti vorrebbero vedere rialzato, in piedi, con lo sguardo verso i fratelli.

Sguardo di GesùQualsiasi sia la tua situazione esistenziale, sappi che lo sguardo di Dio vede te, non ciò che hai fatto, non le maschere che forse a volte indossi, non quello che tutti vedono di te stando alla superficie di ciò che sei…

Dio vede te, un uomo, una donna di nome Alessandro, Stefano, Francesca, Michela… e chiamandoti per nome, il tuo nome, ti rivolge la parola e ti fa un invito: “Alzati, cammina con me”. E allora la tua vita camminerà sempre più verso la luce.

Non ci credi?

Vai a leggerti cosa è successo ad un certo Matteo che, dal punto di vista esistenziale, non era messo molto bene: seduto a rubare, odiato dai suoi connazionali… Eppure, uno sguardo e una voce l’hanno raggiunto e rimesso in piedi. Chiamandolo per nome. E sai qual è il significato del nome Matteo? “Dono di Dio”.

Possa anche tu, lasciandoti guardare da Dio, scoprirti dono suo.

Buona lettura e buon cammino!

chiamata di Matteo

Matteo 9, 9-12

Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre Gesù era a tavola in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. I farisei, veduto ciò, dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia con i pubblicani e con i peccatori?» Ma Gesù, avendoli uditi, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Ora andate e imparate che cosa significhi: “Voglio misericordia e non sacrificio”; poiché io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori».

[1] Cfr. MARTIN BUBER, Il cammino dell’uomo, Ed. Qiqajon.

UNomeunaPromessa#6 – Il Nome riconosciuto

Caro giovane, siamo nel mese di giugno e ormai l’estate è alle porte, finalmente…! Ripercorrendo questo tempo segnato dal Covid e da tutto ciò che esso ha comportato, chissà quante volte ci siamo lasciati prendere dallo scoraggiamento, dalla tristezza, dalla rabbia, a volte forse dalla rassegnazione… e ora che pian piano stiamo tornando ad una “pseudo” normalità ci sembra di non reggere più come prima gli impegni, i ritmi incalzanti…

Tante volte abbiamo definito o sentito definire questo tempo come un “tempo di crisi”, cioè un tempo visitato da una forte perturbazione sia a livello collettivo sia a livello individuale che ha portato con sé effetti talora devastanti. Ricorderemo l’immagine utilizzata da papa Francesco in quell’indimenticabile 27 marzo in piazza San Pietro: l’immagine della barca sorpresa dalla tempesta[1].

E in mezzo a questa perturbazione ci è sembrato, poche o tante volte, che Dio fosse assente o che dormisse o che, comunque, stesse zitto, in silenzio.

Eppure, non è così! Dio non si è assentato o distratto, non si è lasciato prendere dal sonno, non ha smesso di parlare all’uomo! È vero, la sua voce non è così facilmente percettibile: è nascosta tra mille altre voci che abitano la nostra testa, il nostro cuore, e questo chiede a noi di affinare l’udito e la vista per scorgere Dio.

In questo tempo storico in cui ai nostri occhi il buio appare più forte della luce, ancora la luce c’è! Il filo della speranza non si è spezzato!

Ancora oggi Dio parla al tuo cuore, caro giovane, volendo risvegliare in te sogni grandi, magari quelli che avevi quando eri bambino, bambina, sogni che hanno il sapore di vita. Ancora oggi Dio vuole essere luce per te! E sai come lo fa? Sai come continua ad illuminare la tua vita, la tua strada? Attraverso la sua Parola. Dice il salmista: «Lampada per i miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino» (Sal 119,105). Dio ancora chiama e lo fa ripetutamente per poterti svegliare dal sonno, dal torpore, dalla noia, per poterti tirare fuori dalla notte o, per usare un linguaggio caro a noi francescani, per poter illuminare la notte che è dentro di te … fino a quando scoprirai di essere chiamato da Lui, interpellato e provocato da Lui.

Una è la cosa necessaria: che tu ti metta in ascolto di Dio, che inizi a familiarizzare con la sua Parola. Così facendo scoprirai il gusto di intrattenerti con Dio, e darai a Lui, nuovamente, la possibilità di parlare al tuo cuore. E «tu conoscerai il Signore» (Osea 2,22), e dentro la relazione con Lui conoscerai te stesso, il tuo vero nome, la tua…vocazione!

E se tutto questo ti risulta difficile abbi l’umiltà e il coraggio di chiedere aiuto a chi è un po’ più grande di te nella fede.

Questo tempo, allora, sarà sì un tempo di crisi ma nell’altra accezione del termine, come ci suggerisce il vocabolario: dal lat. crisis, gr. κρίσις «scelta, decisione», der. di κρίνω «distinguere, giudicare». Nel buio, nell’incertezza, nel disordine di questo tempo tu puoi scegliere di ascoltare la Parola di Dio e imparare a distinguere la sua voce tra mille, che ti chiama per nome.

Sai chi ha vissuto una situazione molto simile alla tua? Un ragazzetto vissuto circa 1.000 anni prima di Cristo: Samuele, il cui nome, tra l’altro, significa “il suo nome è Dio”.

Di seguito potrai trovare un brano molto significativo, in cui riconoscerai diversi elementi di cui abbiamo parlato: un tempo di apparente silenzio di Dio, la luce della speranza che continua a brillare, il desiderio di Dio di parlare all’uomo chiamandolo per nome, l’importanza di qualcuno che aiuti a distinguere la voce di Dio, la disponibilità ad ascoltare questa voce.

Il nostro augurio per te? Che tu, come Samuele, non lasci andare a vuoto una sola delle parole di Dio, a partire da quella con cui ti chiama: il tuo nome.

Buon ascolto!

1Sam 3,1-10

1 Il giovane Samuele serviva il Signore alla presenza di Eli. La parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti. 2 e quel giorno avvenne che Eli stava dormendo al suo posto, i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. 3 La lampada di Dio non era ancora spenta e Samuele dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio. 4 Allora il Signore chiamò: “Samuele!” ed egli rispose: “Eccomi”, 5 poi corse da Eli e gli disse: “Mi hai chiamato, eccomi!”. Egli rispose: “Non ti ho chiamato, torna a dormire!”. Tornò e si mise a dormire. 6 Ma il Signore chiamò di nuovo: “Samuele!”; Samuele si alzò e corse da Eli dicendo: “Mi hai chiamato, eccomi!”. Ma quello rispose di nuovo: “Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!”. 7 In realtà Samuele fino ad allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. 8 Il Signore tornò a chiamare: “Samuele!” per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: “Mi hai chiamato, eccomi!”. Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovinetto. 9 Eli disse a Samuele: “Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”. Samuele andò a dormire al suo posto.
10 Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: “Samuele, Samuele!”. Samuele rispose subito: “Parla, perché il tuo servo ti ascolta”. 19 Samuele crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.

[1] http://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2020/documents/papa-francesco_20200327_omelia-epidemia.html;

UnNomeunaPromessa#5 – Il Nome che risveglia alla Speranza

Maria Maddalena e GesùCaro giovane, queste parole ti raggiungono nel tempo bello che stiamo vivendo: il Tempo di Pasqua. Chissà se hai fatto il gioco di ruolo che ti è stato proposto lo scorso mese… Proprio perché è importante che tu lo faccia, mettendoti al posto di Maria Maddalena davanti alla voce del Signore risorto, ti proponiamo una lettura che ti può aiutare ad approfondire l’importanza del nome, del tuo nome che, pronunciato con amore, risveglia alla Speranza, ricorda la Promessa. Il brano biblico a cui l’autore fa riferimento è Giovanni 20,11-18.

Buona lettura e buon cammino di risurrezione!

 

Da CRISTIANO D’ANGELO, L’amore del trafitto. Discepolato e maturità cristiana, EDB, 2007, pagg. 97-99

Una sola parola, il proprio nome ripetuto con amore, detto da chi ci ama e ci conosce, da chi vede in noi il dolore e lo sostiene, non lasciandosene vincere e imprigionare. È il nome la chiave che apre la porta del cuore sepolto di Maria. Il nome detto nel modo in cui il maestro lo diceva, quel nome che ti ricorda le strade, le scoperte, i doni e le grazie che solo l’amore fa nascere in noi.

Forse anche la speranza, sorprendente e inaspettata, dei poveri negli slums, nelle baraccopoli o nelle favelas non è altro che quella catena di nomi ripetuti, detti, da povero a povero, con amore. Pietro e il discepolo amato lasciano Maria sola, non hanno la forza di pronunciare quel nome con lo stesso amore di Gesù. Niente istilla di più la speranza nel cuore e nell’animo delle presone che il loro nome ripetuto con amore. Per questo le madri e i padri quando, senza negare la realtà del male, sanno dire, anche in situazioni difficili, parole d’amore ai propri figli, li temprano alla speranza.

Perché la speranza è una porta sempre aperta sul dolore del mondo, sugli insuccessi e sulle ingiustizie subite. La speranza è una porta sempre aperta, spalancata dall’amore, dal nostro nome detto con fiducia, perché l’amore è il promemoria di un’altra vita, è il segno vivente di un mondo altro che in noi già esiste. La speranza, la forza di non cedere al male, di rimanere in piedi e proseguire sempre non è uno sforzo, un atto di eroismo, ma è il rosario ripetuto, incessante, sempre presente in noi del nome detto con amore, il nostro nome, come il sussurro incessante di una litania interiore senza posa.

Chi spera può anche morire affrontando il male, ma è un morire che non conosce mai violenza, un morire da miti, perché il martire della speranza trova la forza nell’amore, a differenza del fanatico che solo nell’odio, nel risentimento nutre il gesto anche dell’offerta suprema della vita.

Quest’ultimo, il fanatico, muore e fa violenza, perpetuando la violenza che l’ha generato; l’altro, il martire di speranza, muore mite, interrompendo la violenza, ponendo le basi della pace, mostrando con il suo stesso morire, frutto di speranza, la possibilità reale di un mondo e un modo diverso di vivere la vita.

Il pertugio di un mondo nuovo, di un oltre diverso è aperto in noi da qual bisbiglio d’amore fatto dalle sillabe e dalle lettere del nostro nome ripetuto con amore.

Non è un altro discorso, un altro miracolo che apre il cuore di Maria, ma il suo nome detto dal Maestro, dall’Amore. Il Risorto vince il dolore, l’incredulità e la disperazione di Maria semplicemente pronunciando il suo nome.

La testimonianza della speranza è un fatto di nomi, prima che di ogni altra cosa.

La vita spirituale in noi è il luogo dove è custodito gelosamente l’eco del nostro nome ripetuto con amore da Dio. Un’eco che si forma in una storia, fragile come ogni sussurro.

Un’eco tenuta viva dalle parole, dalla memoria, dalla liturgia quotidiana del custodire il bene.

Un’eco legata alla sottile invisibile reciproca appartenenza dell’anima e del corpo, alle fragilità, alle paure, alle ferite, alla storia che ci prova e ci agita nel vento del mare che talora rende incerto il nostro cammino e lo oscura.

Gesù cammina sulle acqueTenebre sempre incombenti, come nell’episodio del mare in cui Gesù va incontro ai discepoli sulla barca camminando sulle acque, «mentre era ormai buio» (Gv 6,17) o, come riporta il testo di alcuni autorevoli codici, «il buio li afferrò»[1] mentre Gesù non era ancora andato da loro e il mare era agitato perché tirava un forte vento (Gv 6,16-17).

Niente più della semplicità e dell’umiltà possono custodire, mantenere a galla quell’eco, come Pietro invitato dal maestro che lo chiama. Un’eco, come un camminare sulle acque, la cui forza è la speranza, perché la speranza è quell’eco.

Un’eco che apre le porte e lascia entrare la luce e la vita e traccia una strada diversa per ognuno verso l’eterno:

«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno dei Cieli» (Mt 5,8.3).

[1] Così il Sinaitico e il Codice D e altri manoscritti.

UnNomeunaPromessa#4 – Il Nome che risveglia alla Vita

Caro giovane, ci siamo lasciati all’inizio della Quaresima e ora siamo nella luce del giorno di Pasqua!

Ricordi la proposta della scorsa volta?

Scegli un tempo nella tua giornata per rileggere il passo dell’Esodo in cui Dio rivela il suo nome. E ripetere, sussurrandole e custodendole, le parole “Tu, Dio, sei misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà”.

Dopo aver fatto risuonare nelle nostre giornate il Nome di Dio, in questo mese torniamo al tuo nome che, come hai letto le volte scorse, è un nome depositario di una Promessa grande, gigante, una Promessa di Vita piena, di Gioia abbondante. Proprio il tuo nome! Tu mi dirai: è facile pensare e credere questo quando la vita ti va “a gonfie vele”… per citare un cantautore emiliano… Ma sicuramente non ti viene spontaneo pensarlo quando la vita si fa più dura.

Chissà com’è stata la tua Quaresima: forse un tempo come tutti gli altri, senza troppe differenze; o invece un tempo di grande grazia; probabilmente un tempo particolarmente difficile a causa della situazione che stiamo vivendo, forse qualcuno è ammalato di Covid, oppure hai perso un amico o un parente… è in queste circostanze che la fiducia nei confronti della vita vacilla, addirittura può svanire.

E ci troviamo nella stessa situazione di quegli uomini e di quelle donne di Galilea che, circa 2.000 anni fa, sono stati stravolti dal dolore per la perdita del loro caro Signore e Maestro, nel quale avevano posto ogni fiducia. La sua morte aveva fatto scendere il buio nel loro cuore. E tra loro c’era una donna, chiamata Maria di Màgdala. Lei aveva assistito alla crocifissione di Gesù, l’aveva visto morire e, molto probabilmente, aveva visto mettere la pietra davanti al sepolcro per chiuderlo. Tutto era finito, ai suoi occhi. Vedi come forse la sua situazione è simile alla tua?

Eppure, due giorni dopo, all’alba, tornando a quel medesimo sepolcro, cosa vede? La pietra è stata tolta! Lei ancora non ha il coraggio di entrare nel sepolcro, ma solo si china e, proprio dove era stato posto il corpo di Gesù, vede due angeli in bianche vesti che le fanno una domanda: “Donna, perché piangi?”. A Maria non basta vedere degli angeli al posto del corpo di Gesù per poter riprendere a sperare, a credere. No. Lei è ancora tutta dentro al suo dolore, tutta immersa lì, nell’assenza di quella persona cara che se n’è andata. Quante volte parole che avrebbero dovuto consolarci ci hanno invece fatto sentire ancora più soli …

 

E, mentre continua a piangere, un’altra voce raggiunge i suoi orecchi: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?” e poi il suo cuore: “Maria!”. E solo ora lei lo riconosce: “Rabbunì!” – che significa “Maestro!”.

 

Scrive Paolo Curtaz [1]:

No, lo sapete bene, ovvio, non è stato il tono della voce, non diciamo idiozie.

È il nome, amici, il nome.

In Israele il nome non è usato per indicare l’identità, non è un affare di scelta dei genitori rispetto alla moda del momento. Il nome, qualunque nome, indica la conoscenza profonda dell’oggetto nominato. Perciò Adamo dà il nome a tutte le creature, su invito di Dio, perché le conosce, le possiede (cfr. Gn 2,19-20); perciò Dio dà il nome ad Adamo, e questi a Eva (cfr. Gn 17, 5.15).

Maria viene raggiunta dal Signore proprio lì nel suo dolore, nella sua fatica a credere e sperare ancora, e viene risvegliata alla vita, alla speranza, alla fiducia solo nel momento in cui viene chiamata per nome da Gesù.

Caro giovane, in questo tempo di Pasqua apri il tuo cuore alla voce del Risorto e dagli il permesso, la possibilità di chiamarti per nome, a Lui, al Dio che ha vinto la morte e ridona la Vita e la speranza a chi l’ha perduta.

Ecco la proposta per te: leggi e rileggi il racconto dell’incontro tra il Risorto e Maria di Magdala, e fai un gioco di ruolo: mettiti tu al posto di lei e al versetto 16 sulla bocca di Gesù metti il ​​tuo nome.

Sarai risvegliato alla Vita!

Buona Pasqua a te! Buon passaggio dalla morte alla Vita!

 

Gv 20,11-18

11Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto”. 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. 15Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”. 16Gesù le disse: “Maria!”. Ella si voltò e gli disse in ebraico: “Rabbunì!” – che significa: “Maestro!”. 17Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro””. 18Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: “Ho visto il Signore!” e ciò che le aveva detto.

 

[1] Paolo Curtaz, Convertirsi alla gioia, San Paolo, 2015, pag.49.

UnNomeUnaPromessa #3 – Il nome di Dio

Cari giovani, eccoci al nostro terzo appuntamento! La meta è sempre davanti a noi: scoprire la bellezza e il senso profondo del tuo nome, facendoci accompagnare da alcuni testi e personaggi che possono rivelare qualcosa di bello e importante anche per te. Breve riassunto.

Primo passo: tu sei una Parola originale di Dio.

Secondo passaggio: tu sei chiamato all’esistenza da Dio stesso.

Terzo passo? Bè, non possiamo non lasciarci interrogare dal tempo liturgico che stiamo vivendo: la Quaresima. E qui scatta subito il pensiero automatico: Quaresima = penitenze, rinunce, tristezza…

Se per me la Quaresima è tutto e solo questo, altro non è che un buon proposito, molto spesso disatteso, perché al centro ci sono io: io che devo sforzarmi di essere più bravo, di essere più generoso, più attento, meno peccatore, più cristiano… .io io io…

Ma se Quaresima fosse altro? Se fosse il tempo opportuno per alzare lo sguardo dal mio ombelico per cercare il vero volto di Dio? Se Quaresima fosse “semplicemente” lasciarmi incontrare dagli occhi di Dio? Allora potrei conoscere il suo vero Nome, allora potrei conoscere un po ‘di più Dio.

Eccolo il terzo step: il Nome di Dio. Questo mese, quindi, prendiamo le distanze dal nostro nome (anche se forse solo apparentemente!)

Innanzitutto, prova a farti questa domanda: come definirei, io, Dio? Se dovessi completare la frase “Dio è…”, cosa scriverei al posto dei puntini?

Il cammino che la Quaresima quest’anno ci fa fare, ci suggerisce un’immagine molto bella: Dio è l’Alleato dell’uomo, è Colui che sta dalla parte dell’uomo, che stringe alleanza con lui per camminare accanto a lui. Dio, il nostro Dio, è il Dio per noi, il Dio per te! Se Dio sta dalla tua parte, questo significa che pensa bene di te, dice bene di te, agisce per il tuo bene, vuole il tuo bene.

Ma c’è nella Bibbia un passo in cui Dio stesso si presenta? In cui dice il proprio nome? Ebbene sì. Eccolo.

 

Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui (Mosè)

e proclamò il nome del Signore.

Il Signore passò davanti a lui proclamando:

Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso,

lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà,

che conserva il suo amore per mille generazioni,

che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato,

ma non lascia senza punizione,

che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli

fino alla terza e alla quarta generazione”.

Esodo 34,5-7

 

Eccolo qua il nome di Dio: misericordia! Scrive papa Francesco: «Paziente e misericordioso è il binomio che ricorre spesso nell’Antico Testamento per descrivere la natura di Dio. Il suo essere misericordioso trova riscontro concreto in tante azioni della storia della salvezza dove la sua bontà prevale sulla punizione e la distruzione. […] Insomma, la misericordia di Dio non è un’idea astratta, ma una realtà concreta con cui rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio. È veramente il caso di dire che è un amore “viscerale”. Proviene dall’intimo come un sentimento profondo, naturale, fatto di tenerezza e di compassione, di indulgenza e di perdono.» [1]

Ecco il Nome con cui proponiamo di stare in compagnia in questo mese: il Nome di Dio, che è misericordia.

Leggendo con attenzione i versetti tratti dal libro dell’Esodo, puoi intuire anche un altro aspetto legato al Nome di Dio e quindi alla sua identità: è Dio stesso a rivelare il proprio Nome, a farsi conoscere. È Lui che dice di essere “misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà”. E lo vuole dire ad ogni uomo, nessuno escluso! Ogni uomo, infatti, può essere interlocutore di Dio. Tu puoi essere l’interlocutore di Dio!

Se è vero che la Quaresima è un tempo speciale di conversione a Dio, cioè di ritorno al Lui, allora significa che il Dio a cui sei chiamato a tornare è il Dio della bontà e della misericordia, e non il dio che forse ti sei costruito attraverso immagini false o distorte. Sinonimo di Quaresima, dunque, potrebbe essere “ricerca del vero volto di Dio”. E sai qual è la cosa bella? Che mentre tu lo cerchi, già Lui è alla ricerca di te, per poter stringere nuovamente un’Alleanza d’amore con te.

Ecco la proposta per te: scegli un tempo nella tua giornata, un tempo quotidiano per rileggere il passo dell’Esodo. Ripeti, sussurrando, le parole “Tu, Dio, sei misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà”. Custodiscile, lasciale abitare dentro di te durante la giornata e chiedi a Dio la grazia di conoscerlo.

Buon cammino!

 

 

[1] FRANCESCO, Misericordiae vultus. Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia, Città del Vaticano, 2015, n. 6.

UnNomeunaPromessa #2 – Tu sei chiamato

Cari giovani, bentornati! Eccoci al secondo appuntamento di questo percorso che ci condurrà a scoprire il senso e la bellezza del nome che ciascuno di noi ha ricevuto, Nome portatore di una Promessa di Vita piena.

Se hai accolto la proposta della volta scorsa, ti sarà diventato familiare il ritornello “Dio disse” – “E così avvenne”(Cfr. Gen 1); ad una parola di Dio corrisponde sempre un fatto, una creazione: Dio crea chiamando per nome! Ma allora questo significa che pronunciando il tuo nome Dio ti ha chiamato alla vita, ti ha donato esistere. Forse non ci pensi, o forse non ci credi fino in fondo che nome e vita non li hai ricevuti solo dai tuoi genitori… Eppure, se tu ascoltassi in profondità il tuo cuore, se ti spingessi con la tua sete di felicità nelle profondità del tuo cuore, sfioreresti il ​​tuo desiderio di infinito: ti scopriresti assetato di vita piena, vita che non finisce, vita eterna. E faresti un sussulto di gioia e stupore insieme… E sai bene che questo desiderio di infinito supera anche i tuoi genitori che, pur bravi e belli che siano, sono sempre e comunque limitati, finiti.

Sai perché desideri l’infinito, la vita piena, l’amore eterno? Perché da lì vieni: da un amore infinito, da un cuore che ti ama da sempre e che per sempre ti amerà: tu vieni da Dio! Lui ti ha chiamato per nome e ti ha chiamato alla vita, e il desiderio di infinito che ti abita ne è la prova! Come dice anche il ritornello di un canto ormai un po ‘datato:

Eccomi, Signore, mi hai chiamato:

da prima che io fossi

hai pronunciato il nome mio con amore.

Mi hai amato ed ora tu sai:

ardo del tuo desiderio.

Fame e sete ho di te, mio ​​signor,

non dimenticare il grido del tuo servo.

Sii tu la luce, la guida al mio cuor:

ardo del tuo desiderio.

(puoi ascoltare la canzone qui

Ecco che entra in gioco ora la parola vocazione : perché la vocazione, come l’ appello che si fa a scuola, sta all’inizio. Scrive Alessandro D’Avenia nel suo ultimo romanzo [1] :

«Se al verbo latino pello ,“ spingere ”, mescolo la preposizione ad- ,“ verso ”, do vita al composto AD-PELLO,“ spingere verso ”, ossia l’azione compiuta da una donna dà quando alla luce. APPELLO significa:

  • chiamare per nome una persona per accertarsi che sia presente;
  • invocazione, richiesta d’aiuto.

In entrambi i casi è presente una voce che definisce le condizioni di possibilità della vita umana […]

Concepire la tua vita come vocazione (dal latino “chiamata, invito”), come appello , significa prima di tutto comprendere che essa non è frutto di un caso, ma è risposta ad una chiamata, ad un invito. Allora puoi dire con forza: Io sono voluto, desiderato da Dio! Lui mi ha chiamato all’esistenza! Lui, niente di meno che Dio!

È il passaggio di consapevolezza che ha fatto anche Geremia [2] , il profeta:

Geremia 1,4-5

Mi fu rivolta questa parola del Signore:
«Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto,
prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato;
ti ho stabilito profeta delle nazioni ».

Ma anche il popolo d’Israele:

Isaia 43,1

Ora così dice il Signore che ti ha creato, o Giacobbe,

che ti ha plasmato, o Israele:

«Non temere, perché io ti ho riscattato,

ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni ».

 

Ed è il passaggio di consapevolezza a cui oggi sei chiamato tu, per poter dire:

«Sei tu, Signore, che hai formato i miei reni

e mi hai tessuto nel grembo di mia madre.

Io ti rendo grazie:

hai fatto di me una meraviglia stupenda;

meravigliose sono le tue opere,

le riconosce pienamente l’anima mia.

Non ti erano nascoste le mie ossa

quando venivo formato nel segreto,

ricamato nelle profondità della terra ».

Se vuoi, in questo mese puoi farti accompagnare dal Salmo 139 da cui sono tratti i versetti precedenti, e chiedere la grazia a Dio di poterti riconoscere suo figlio, figlia sua.

SALMO 139

Signore, tu mi scruti e mi conosci,

tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,
3  osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie.
4  La mia parola non è ancora sulla lingua
ed ecco, Signore, già la conosci tutta.
5  Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
6  Meravigliosa per me la tua conoscenza,
troppo alta, per me inaccessibile.
7  Dove andare lontano dal tuo spirito?
Dove fuggire dalla tua presenza?
8  Se salgo in cielo, là tu sei;
se scendo negli inferi, eccoti.
9  Se prendo le ali dell’aurora
per abitare all’estremità del mare,
10  anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
11  Se dico: «Almeno le tenebre mi avvolgano
e la luce intorno a me sia notte»,
12  nemmeno le tenebre per te sono tenebre
e la notte è luminosa come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.
13  Sei tu che hai formato i miei reni
e mi hai tessuto nel grembo di mia madre.
14  Io ti rendo grazie:
hai fatto di me una meraviglia stupenda;
meravigliose sono le tue opere,
le riconosce pienamente l’anima mia.
15  Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
ricamato nelle profondità della terra
.
16  Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi;
erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati
quando ancora non ne esisteva uno.

[1] A. D’Avenia, L’Appello, Ed. Mondadori, 2020, p.36.

[2] A. D’Avenia, Geremia, https://www.youtube.com/watch?v=oN-6QsHd_eI